I livelli del lago Maggiore hanno raggiunto il minimo storico ed il bacino racchiude solo il 6.5% della capacità di invaso, ma tutti i grandi serbatoi del Nord sono abbondantemente sotto media e verso record negativi: il riempimento del lago di Como è al 6.5%, quello del lago d’Iseo è al 10.7%, il lago di Garda è riempito per il 26.4%.
Una crisi strutturale «Questi dati dimostrano come l’insufficienza idrica del nostro Paese stia assumendo, a causa dei cambiamenti climatici, caratteristiche strutturali, cui si deve rispondere aumentando la capacità di resilienza del territorio. Non sono bastati, infatti, alcuni giorni di maltempo per recuperare le risorse idriche mancanti a causa delle insufficienti precipitazioni registrate nei mesi scorsi». È questo il commento di Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (Anbi), che prosegue: «Rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, c’è però un maggior manto nevoso in quota, le cui modalità di scioglimento condizioneranno le disponibilità idriche future. Per gestire una situazione, che si preannuncia complessa, chiediamo che, fin da gennaio, si tornino a convocare tavoli di concertazione, ad ogni livello, per contemperare le tante esigenze gravanti su un bene limitato come l’acqua, nel rispetto comunque della priorità attribuita dalla legge all’uso agricolo dopo quello umano». «È indispensabile – aggiunge Massimo Gargano, Direttore Generale Anbi – avviare sollecitamente il Piano Nazionale Invasi, cui la Legge di Stabilità destina 50 milioni all’anno per un quinquennio, al fine di aumentare la quantità di acqua meteorica, trattenuta prima di terminare in mare; attualmente conserviamo solo l’11% dei circa 300 miliardi di metri cubi di pioggia, che annualmente cadono sull’Italia. Il deficit idrico, che si registra da mesi in molte regioni italiane, dal Nord al Sud, dimostra la necessità di creare riserve d’acqua per i momenti di bisogno, affiancando tale funzione a quelle di difesa idrogeologica e tutela ambientale. In questa logica vanno anche snellite le normative, che impediscono un diffuso utilizzo delle acque reflue dai depuratori urbani. Serve, infine, una nuova cultura dell’acqua, di cui i Consorzi di bonifica sono esempio nella costante ricerca per ottimizzarne l’uso come testimoniato anche dalle molte delegazioni straniere, che vengono a studiarne impianti e modalità operative».