Per contratti di locazione breve si intendono i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, stipulati da persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, ai quali sono equiparati i contratti di sublocazione e i contratti di concessione in godimento dell’immobile stipulati dal comodatario, aventi medesima durata.
Questa la sintesi del chiarimento fornito con una recente circolare dall’Agenzia delle entrate. Il 16 ottobre è scaduto il termine per gli intermediari per il versamento della ritenuta del 21% dovuta sui canoni di locazione per gli affitti brevi, ricevuti dagli inquilini e riversati dall’11 settembre ai proprietari degli immobili, al netto della ritenuta della stessa ritenuta. Le locazioni brevi devono interessare immobili con destinazione residenziale ed abitativa inseriti nella categoria da A1 ad A11 e relative pertinenze, oppure delle singole stanze, con esclusione della A10. Devono avere una durata inferiore a 30 giorni, inerente la singola pattuizione contrattuale, devono essere stipulati da persone fisiche non nell’esercizio di attività imprenditoriale anche se con l’intervento di intermediari (vedi ad esempio Airbnb). Possono effettuarla anche i comodatari ed i locatori ai quali nel contratto non è impedito di locare (i primi) o sub locare (i secondi) l’immobile concesso in uso/locazione. Per l’imposizione fiscale dei canoni di locazione percepiti con i contratti stipulati nei termini appena citati e con le particolarità che andremo ad evidenziare, il contribuente può optare per la cedolare secca al 21% (vedi articolo in queste pagine). Il regime fiscale della cedolare si applica anche sulla parte di canone richiesto in funzione ad alcune attività accessorie, quali la fornitura della biancheria, servizio di pulizia dei locali, wifi, aria condizionata. Escluso il servizio di colazione, pasti, messa a disposizione di auto a noleggio, guide turistiche ed interpreti. La nuova disciplina si applica ai contratti stipulati dal 1° giungo 2017. Gi eventuali intermediari che intervengono anche nella sola gestione del contratto e nel pagamento dei corrispettivi conseguenti, anche se non residenti fiscalmente in Italia,devono tra le altre cose operare una ritenuta d’acconto del 21% sui canoni. Se il locatore ha scelto la cedolare secca, la ritenuta si considera a titolo di imposta. Il locatore deve pertanto accertare quale ruolo gioca l’intermediario nella sua attività: se è solo quello di favorire l’incontro domanda offerta, non sarà tenuto a fare alcun che, se invece fa da tramite, dovrà anche comunicare i dati delle parti all’amministrazione finanziaria. La ritenuta si applica sull’importo lordo indicato nel contratto, escludendo le eventuali penali, caparre, depositi cauzionali, spese per costi e consumi effettivamente sostenuti dal locatario. Se questi ultimi sono a titolo forfettario, fanno parte della base imponibile sulla quale determinare la ritenuta. L’intermediario dovrà rilasciare al locatore la Certifica Unica da utilizzare in fase di dichiarazione dei redditi. Per questi contratti la cedolare si applica anche per i contratti di sublocazione e per i contratti conclusi dal comodatario. In caso di comproprietà dell’immobile, se il contratto è stipulato da uno solo dei comproprietari e la ritenuta è stata operata e certificata solo per quest’ultimo, solo l’effettivo locatore può utilizzare la ritenuta a riduzione delle imposte dovute. Gli altri comproprietari dovranno assoggettare a tassazione il reddito ad essi imputabile pro quota in sede di dichiarazione, applicando la cedolare o il regime Irpef ordinario. Se per qualunque motivo la ritenuta non viene effettuata o certificata, il locatore deve liquidare l’imposta (sostitutiva od Irpef).