Il cibo come scambio culturale. Vale anche al Carnevale di Ivrea dove, in più momenti, il cibo è occasione di socialità, un modo di far vivere antiche tradizioni e rafforzare i legami fra quanti vivono in uno stesso luogo: la distribuzione del cibo da consumare insieme, in modo festoso e collettivo, diventa così un rito. E rituali lo sono certamente – e forse ancor di più – tutte le lunghe fasi di preparazione e cottura. “Tutto viene svolto in un clima di vera amicizia… Anche durante i turni di cottura le ore passano veloci nell’allegria più sfrenata, fra scherzi, canti e barzellette”. Il filo conduttore di ogni appuntamento sono l’entusiasmo e un’insopprimibile volontà di esserci e partecipare.
Date Prima e durante il clou della manifestazione (sabato 10 febbraio – martedì 13 febbraio) in città si svolgono le tradizionali “fagiolate” nei diversi rioni della città. Le fagiolate hanno una connotazione storica fortissima e un legame con gli appuntamenti del Carnevale molto stretto.
Un tuffo nel passato La tradizione delle fagiolate risale al Medioevo, quando razioni di fagioli – bene prezioso nell’alimentazione dei popolani – erano distribuite dalle Confraternite eporediesi ai poveri ridotti alla fame dalle infinite tasse. Si narra che in questo periodo due volte all’anno anche il feudatario donasse una pignatta di fagioli alle famiglie meno abbienti e queste, per disprezzo, gettassero i fagioli per le strade preferendo il digiuno all’accettazione di questa elemosina. Così i fagioli, in ricordo dell’antico tiranno, sono entrati nelle vicende dello Storico Carnevale di Ivrea. Gli stessi legumi venivano poi utilizzati in tempo di Carnevale come scherzosi proiettili da lanciare contro improvvisati avversari. Ancora oggi le fagiolate vengono chiamate benefiche per riallacciarsi alle offerte delle Confraternite e chiunque può andare a mangiare un piatto di fagioli facendo un’offerta libera. Migliaia le persone che affollano i punti di distribuzione, chi per il tradizionale assaggio, chi – con pentole – per poterli comodamente gustare tra le mura domestiche.
Faseuj gras Le fagiolate rionali servono i cosiddetti faseuj grass. La fagiolata del Castellazzo è la più vecchia ed è l’unica ad essere inserita nel Cerimoniale dello Storico Carnevale e, nonostante il passare degli anni, conserva tuttora l’aspetto “benefico”: sono infatti distribuite circa 1500 razioni ai più bisognosi della città, razioni che contengono pane, salame, cioccolata, arance, vino e, naturalmente, fagioli. Gli ingredienti per tutte le fagiolate sono uguali: fagioli piccoli e striati cotti con i preive, cotiche di maiale arrotolate con spezie ed aromi, ossa di maiale e salamelle.
Tutti a tavola In totale vengono cucinati circa 7.100 kg di fagioli cotti per circa 6 ore all’interno di pentoloni di rame con 2.300 kg di cotenne, 3.900 kg. di cotechini, 400 kg di zamponi, 600 kg di ossa di maiale, 300 kg di lardello e 400 kg di cipolle. Un altro piatto accompagna il Carnevale di Ivrea o, meglio, lo saluta: il mercoledì delle Ceneri, primo giorno di Quaresima, dopo aver dato l’arrivederci al Carnevale, tutti i cittadini si trovano in Borghetto (il quartiere di Ivrea “oltre” la Dora) per mangiare insieme Polenta e Merluzzo, tipico piatto di magro, offerto dal Comitato della Croazia.
Il nome Croazia si deve alla presenza di alcuni Croati in questo rione di Ivrea giunti verso la meta dell’Ottocento. Il termine Bano che oggi indica la figura del presidente dell’attuale Comitato della Croazia, è un vocabolo slavo che indica il capopopolo (in Croazia i banati erano gli equivalenti dei nostri granducati). Facendo ricerche storiche le prime presenze accertate di Croati in questo territorio risalgono a molti secoli addietro, durante il periodo delle Crociate. Pare che alcuni Croati, dopo aver incontrato dei cittadini eporediesi decisero di trasferirsi a Ivrea, anziché tornare in patria, per migliori prospettive di vita. Da quel momento a Ivrea sarebbe esistita una comunità croata che via via si mescolò a quella italiana.
La distribuzione di Polenta e Merluzzo è una tradizione che però risale alla seconda metà del Cinquecento: ogni rione, su iniziativa dei cittadini, nel primo giorno quaresimale cucinava un po’ di polenta accompagnata da merluzzo e cipolle, per rispettare il giorno di magro. Al termine della seconda guerra mondiale il Comitato della Croazia fece sua questa iniziativa conferendole un carattere benefico.
Numeri Ogni anno vengono cucinati 1.200 kg di polenta, 900 kg di merluzzo e 1.100 kg di cipolle. La fase di preparazione è molto lunga – circa una settimana – e vede coinvolte 15 persone per la sbucciatura delle cipolle, 35 persone per la cottura delle cipolle e del merluzzo, 40 persone per la distribuzione.
Come si cucina Dopo esser stato battuto per eliminare parte del sale, il merluzzo viene disposto in enormi catini, coperto d’acqua e, nei successivi cinque giorni, ripetutamente lavato per un totale di tre risciacqui e tre cambi d’acqua. Sgocciolato per due giorni interi, nella serata di domenica si procede al taglio dei pezzi, poi depositati in grandi contenitori di acciaio. Parallelamente si svolgono altre importanti operazioni: la sbucciatura di 1.100 chilogrammi di cipolle – effettuata in tre giorni con il prezioso contributo delle donne del rione – e la sbucciatura di 7 chilogrammi di aglio. Accesi i fuochi nel primo pomeriggio del lunedì, il lavoro si protrarrà per ventiquattr’ore, con due squadre che si alterneranno nella preparazione, procedendo con la friggitura del merluzzo e la cottura del sugo (circa 80 litri di sugo e ben 800 litri di olio per friggere).
L’alba del mercoledì delle Ceneri vedrà infine all’opera i “polentai” per cuocere da 1200 a 1400 chilogrammi di fumante polenta. La visita di Mugnaia e Generale, accompagnati solitamente dalle autorità civili e religiose cittadine, apre ufficialmente la distribuzione e, in un paio d’ore al massimo, vengono distribuite oltre tremila razioni.