Ci saremmo aspettati che a fornire i primi chiarimenti in merito all’importante novità che dal 2018 interessa il mondo agricolo, intervenissero i ministeri competenti, ma – complice anche il caos organizzativo del dopo voto elettorale -, ad arrivare per prima è stata l’Anci, l’associazione che raggruppa i comuni. I municipi sono certamente competenti in materia autorizzativa, ma aver avuto la “copertura interpretativa” di un Ministero, sarebbe stato molto più “gerarchicamente” confortante. La legge di bilancio 2018 ha disposto, tra le altre cose, la possibilità per gli imprenditori agricoli di poter vendere i propri prodotti pronti per il consumo, anche mediante strutture mobili nella disponibilità dell’imprenditore: lo street food agricolo. Secondo l’Anci, che in questo caso dimostra un’inconsueta visione “aperta” della nuova norma, una volta dichiarato l’inizio attività, l’imprenditore può svolgere lo street food sull’intero territorio nazionale. Il tutto a prescindere dalla collocazione dell’azienda e senza alcun limite temporale (l’attività può quindi essere svolta durante tutto l’anno).
Quanto alle “strutture utilizzabili”, per l’Anci può essere utilizzato qualunque mezzo, a condizione che sia idoneo dal punto di vista igienico-sanitario per la vendita e somministrazione non assistita di prodotti agricoli e agroalimentari. Tali mezzi non per forza devono essere di proprietà dell’imprenditore, essendo sufficiente la provata disponibilità tramite contratto di comodato, noleggio. La vendita dei prodotti per il consumo immediato deve avvenire senza somministrazione assistita e seguendo anche le indicazioni recentemente emanate in proposito dal Ministero dell’economia (si veda Dimensione agricoltura di marzo 2018). L’imprenditore agricolo potrà quindi organizzare un “punto ristoro”, attrezzato con sedie, tavoli, ombrelloni, rendendo disponibili ai clienti anche posate di metallo, bicchieri di vetro, piatti di porcellana, tovaglioli di stoffa.
Niente tavola imbandita o servizio al tavolo però. Le stoviglie devono essere rese disponibili ai clienti, che si devono servire per proprio conto, così come i prodotti acquistati devono essere ritirati al “banco” e non serviti al tavolo. Sul tema forse più importante, ovvero, se con lo street food agricolo possono essere venduti prodotti cotti sul luogo di vendita, l’Anci ritrova la sua natura di “interprete restrittivo”: la cessione può riguardare esclusivamente prodotti già pronti, dovendo quindi escludersi ogni forma di cottura nel luogo di vendita. Tale interpretazione deriva (ne diamo atto all’Anci), dalla formulazione letterale non proprio felice utilizzata dal legislatore: “già pronti per il consumo”. Ma se letteralmente l’interpretazione della norma sembrerebbe non lasciare adito a dubbio alcuno, a chi scrive la posizione assunta pare eccessivamente restrittiva. Se i ministeri competenti dovessero confermare tale posizione, il valore della nuova norma andrebbe velocemente a deperire.