Rischi di conseguenze anche per l’impresa che utilizza “società di servizi” per le lavorazioni agricole. L’utilizzo da parte delle imprese agricole di società di servizi e di cooperative più o meno specializzate, per lo svolgimento di sempre più numerose attività (dalla piantagione alla potatura per arrivare alla raccolta), è sempre più diffuso. Alla base delle ragioni di tale scelta, anche se talvolta con il rischio di una bassa qualità del lavoro svolto, i bassi costi e la burocrazia legata all’assunzione di personale. Ricorrere a tali società, seppure legittimo, deve essere fatto dall’imprenditore agricolo tenendo bene in conto le regole basilari che disciplinano il contratto di appalto di servizi. Sfociare nell’uso improprio della somministrazione del lavoro è un rischio da evitare accuratamente. Proprio per dettare le caratteristiche distintive tra i due “modelli organizzativi”, è intervenuto con una recente sentenza il Consiglio di Stato. È definito “appalto”, il contratto (preferibilmente scritto), con cui una parte (appaltatore=società di servizi) assume, con la necessaria organizzazione di mezzi e professionalità ed a proprio rischio, l’obbligo di compiere un’opera o un servizio in favore di un’altra parte (committente/ appaltante=imprenditore agricolo).
La “somministrazione di lavoro”, è un contratto di natura commerciale che coinvolge tre soggetti: 1) il somministratore: soggetto specificatamente autorizzato ed iscritto a tale scopo all’Albo delle agenzie di somministrazione presso il Ministero del Lavoro; 2) l’utilizzatore: impresa agricola; 3) il lavoratore: assunto dal somministratore ed inviato a svolgere l’attività presso l’utilizzatore. Già da quanto sopra riportato si comprende la profonda differenza tra i due strumenti. Il Consiglio di Stato ha precisato che nel contratto di appalto, l’oggetto ha un’obbligazione di risultato, quindi l’appaltatore si assume il compito di raggiungere tale risultato, in base a quanto richiesto dal committente. Nella somministrazione di lavoro, invece, l’obbligazione è di mezzi, ovvero, l’agenzia di somministrazione iscritta all’Albo, s’impegna a fornire prestazioni lavorative. Il Consiglio di Stato ha individuato requisiti ed elementi necessari per qualificare un contratto d’appalto non genuino: a) richiesta da parte del committente di un determinato numero di ore di lavoro; b) inserimento stabile del personale dell’appaltatore nel ciclo produttivo del committente; c) identità dell’attività svolta dal personale dell’appaltatore rispetto a quella svolta dai dipendenti del committente; d) proprietà in capo al committente, delle attrezzature necessarie per lo svolgimento delle attività; e) organizzazione, da parte del committente, delle attività dei dipendenti dell’appaltatore. Tutti i punti evidenziati dal Consiglio di Stato devono essere attentamente esaminati all’atto della stipula di un contratto: niente ore predeterminate; provvisorietà del servizio; servizi richiesti non identificabili con le attività normalmente svolte dal personale già in forza dell’impresa agricola; autonoma in termini di mezzi e strumenti dell’appaltatore; organizzazione autonoma delle attività commissionate da parte dell’appaltatore, senza alcun potere direttivo da parte dell’imprenditore agricolo. Queste in estrema sintesi i criteri da osservare tassativamente.