Lo scorso maggio il Ministero dell’agricoltura ha emanato una circolare con la quale iniziava a chiarire alcuni dei punti più controversi delle numerose problematiche aperte dalla coltivazione e commercializzazione della cannabis light. Recentemente però, su richiesta del Ministero della salute, il Consiglio superiore di sanità ha emesso un parere che, in conclusione, suggerisce al Ministero di vietare la vendita di tali prodotti. La legge 242/2016 non ritiene più necessarie autorizzazioni particolari per la semina e la coltivazione di varietà di canapa, a condizione che siano certificate con un contenuto di Thc inferiore allo 0,2%. Eventuali sforamenti del contenuto di Thc, comunque non oltre lo 0,6%, non comportano alcuna responsabilità in capo all’agricoltore. Le attività oggi consentite per l’utilizzo della canapa coltivata sono: l’uso come biomassa; la produzione per scopo ornamentale; la commercializzazione di semi e altre componenti vegetali per uso alimentare, nel rispetto della specifica disciplina.
Il Ministero della salute ha chiesto al Consiglio superiore di sanità un parere inerente due aspetti: se i prodotti a base di canapa possano essere considerati pericolosi per la salute umana; se tali prodotti possano essere messi in commercio ed a quali condizioni. Il Consiglio non ha escluso la pericolosità dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa, dato che il limite di Thc previsto dalla legge non è trascurabile e che gli effetti psicotropi possono essere raggiunti dal consumatore semplicemente aumentando le dosi consumate. Giovane età, patologie, gravidanza o allattamento, sono condizioni per le quali il rischio connesso al consumo di tali prodotti non è escludibile. Per questi motivi, il Consiglio superiore di sanità raccomanda al Ministero l’emanazione di disposizioni finalizzate ad impedirne la libera vendita. Le reazioni del mondo agricolo non si sono fatte attendere: il contraccolpo per il settore potrebbe essere particolarmente grave: gli investimenti realizzati fino ad oggi non sono indifferenti. La palla passa ora al Ministero della salute che, ci auguriamo, congiuntamente con il Ministero dell’agricoltura, dovrà coordinare le norme esistenti con le risposte del Consiglio.