La Procura sul mondo del vino. Biondi Santi indagato per reati tributari

biondisanti-640x439Jacopo Biondi Santi indagato dalla Procura di Siena per reati tributari e sequestri a suo carico per un valore di 4,8 milioni di euro tra terreni, immobili e beni immobili. E’ la notizia riportata oggi sulle pagine de La Nazione secondo cui l’imprenditore, sesta generazione dei creatori del Brunello di Montalcino, sarebbe al centro di un’inchiesta da diversi anni, portata avanti dal Procuratore Capo Salvatore Vitello con Niccolò Ludovici con l’ausilio della Gdf, atta ad accertare “un giro di fatture tra società finalizzato a pagare meno tasse”. Nel mirino degli inquirenti ci sarebbe l’operazione siglata da Jacopo Biondi Santi con i francesci di Epi Group, proprietari dei marchi più noti di champagne a cominciare da Charles Heidsieck.

La nota dei legali  «Il signor Jacopo Biondi Santi ha conferito allo studio legale tributario Dentons – con un team composto dal partner professor Giulio Andreani, dal counsel Domenico Rettura, e dall’associate Valeria Andreani – la difesa tributaria avente a oggetto le contestazioni  fiscali mosse dalla Guardia di Finanza nei suoi confronti e delle società Montepò Srl e JBS Srl, da cui è dipeso il sequestro – spiega lo studio legale in una nota -.  Contestualmente, il signor Jacopo Biondi Santi è assistito per la difesa penale dagli avvocati Enrico De Martino e Lorenzo De Martino, del foro di Siena, e per quella attinente gli eventuali profili societari dall’avvocato Giovanni Gatteschi. In merito alle contestazioni elevate dalla Guardia di Finanza, che riguardano l’IVA, ai fini di una corretta informazione, si precisa che: le operazioni oggetto di contestazione non hanno generato nel complesso la benché minima sottrazione d’imposta. In altri termini, a seguito delle operazioni contestate il Fisco non ha perso nemmeno un euro; tali operazioni, infatti, sono state effettuate esclusivamente per fini estranei a motivi fiscali. Nella elevazione delle predette contestazioni, la Guardia di Finanza non ha tenuto conto dei principi più volte affermati in materia dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, i quali conducono a opposte conclusioni. La Corte di Giustizia UE è la più alta Autorità in materia di IVA, avendo questo tributo matrice comunitaria, e chiunque, per quanto concerne l’applicazione di tale imposta, deve conseguentemente attenersi rigorosamente ai suoi dettami, a nulla rilevando, ove siano difformi, le interpretazioni di qualsiasi altro soggetto. In questo caso, sono state commesse, al massimo, solo talune violazioni formali, dalle quali possono discendere – sempre in base alle pronunce della Corte di Giustizia dell’Unione Europea – solo sanzioni corrispondenti alla natura di tali violazioni, il cui ammontare è conseguentemente molto modesto; non può invece derivarne la debenza di alcuna somma a titolo d’imposta. Alla luce di tali precisazioni, siamo certi che quanto è accaduto verrà rapidamente chiarito, sia in ambito tributario che penale.

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