La rivincita dell’Aglione. In Valdichiana riscoperta una produzione antica dal gusto unico

Quando si parla di aglione, nell’immaginario comune – in particolare nel sud della provincia di Siena – viene subito in mente il condimento “all’aglione”, che si sposa, perfettamente, con i pici, la tipica pasta fresca fatta a mano della Val d’Orcia e dintorni. Ma l’aglione è molto altro. Soprattutto negli ultimi anni, infatti, l’Aglione della Valdichiana – inserito nell’elenco regionale e nazionale dei Prodotti agricoli tradizionali – sta conoscendo una nuova vita.

Dopo essere finito nel dimenticatoio per quasi cinquanta anni, grazie all’impegno di un gruppo di produttori della Valdichiana senese ed aretina, l’aglione sta riprendendo un suo posto nel mercato, intanto locale, ma anche nazionale ed internazionale, grazie anche alle sue proprietà come il basso contenuto di “alliina” (la sostanza, che rende l’aglio comune poco digeribile e molto “odoroso”); ed i benefici terapeutici (probiotico naturale) che apporta all’organismo umano.

L’aglione è un’ecellenza, un vero e proprio prodotto di nicchia dell’agricoltura che finisce sulle tavole: intanto ha una bassa resa, un elevato costo della manodopera, considerando che tutto il processo produttivo, dalla semina alla raccolta, e tutte le lavorazioni intermedie vengono effettuate a mano. L’’incapacità riproduttiva dell’aglione stesso, l’esigua superficie coltivata (in correlazione con la difficoltà della lavorazione e dell’alto costo della manodopera), e il continuo rischi, continuo, di abbandono della cultivar, rendono così l’ “Allium Ampeloprasum var. Holmense” (Aglione della Valdichiana), un prodotto davvero pregiato. Per questo motivi, anche il costo sul mercato risulta ovviamente essere più elevato rispetto ad altri prodotti (tipo l’aglio convenzionale), che possono essere coltivati meccanicamente, e che riescono, così, ad abbattere i costi di produzione. Basti pensare, che il rapporto di costo, con il normale aglio, che troviamo in ogni casa è di 4 a 1 (mediamente siamo sulle 18/20 € al kg), che non lo rendono pronto ancora per la Gdo, ma fruibile attraverso la vendita diretta, nelle singole aziende, o negli ortofrutta locali. La speranza – spiegano i produttori -, è quella di far crescere ulteriormente la produzione, per permettere a tutti di assaporare le sue qualità.

L’associazione dei produttori dell’Aglione della Valdichiana

Per questo, è di fondamentale importanza, ricercare nella tracciabilità genetica del prodotto, l’elemento principe, per competere con la concorrenza internazionale. E’, infatti, nell’attenzione e nella conoscenza, del consumatore, che si può ritrovare il punto di forza, per permettere che l’Aglione della Valdichiana possa continuare ad essere prodotto. Questo ad oggi è, parzialmente possibile, anche attraverso l’analisi fenotipica e chimica dell’Aglione e del terreno di coltivazione. In quanto, sono stati riscontrati degli elementi che lo rendono inequivocabilmente legato al suo territorio di origine, circoscritto nei 12 comuni delle province di Siena ed Arezzo. I composti rilevati dalle ricerche (vedi progetto “Ricerche di Qualità e Sviluppo Rurale” a cura di Stefano Biagiotti, Francesca Sordi e Roberta Ripoli) hanno messo in evidenza come i composti polifenolici ed il selenio contenuti nell’Aglione possano interferire e garantirne la presenza in una specifica area. Il selenio, infatti, con la sua presenza all’interno dei vegetali, lo rende uno degli elementi vincenti per comprendere la reale origine del prodotto; intanto perché il selenio, per la sua affinità chimica con lo zolfo (elemento caratterizzante del genere “allium/aglio”), permette di riscontrare, grazie alla competitività ed al rapporto di antagonismo tra loro, lo rendono un ottimo elemento come “marcatore geografico” per la rintracciabilità. Quindi una sua presenza, parziale od assenza, permette di identificare il suolo di origine del prodotto.

Alla scoperta L’ Allium Ampeloprasum var. Holmense, o Elephant Garlic, O Aglione, nasce da una mutazione genetica spontanea (non prodotta dall’uomo), ma allo stesso tempo deriva da una selezione “massale” (effettuata per mano umana) che lo hanno reso quello che è oggi. Era conosciuto fin dall’antichità, già, al tempo degli Egizi; ma anche, Greci, Romani, e soprattutto Etruschi, hanno mantenuto la coltivazione di questo particolare “allium”. L’Aglione della Valdichiana è custode di una tradizione di una storia di un territorio e delle persone che lo abitano. Già nei secoli scorsi erano note le numerose qualità terapeutiche e benefiche che aveva l’aglione, per questo era molto comune nell’uso quotidiano della preparazione di cibarie. In Grecia, per esempio, gli atleti lo utilizzavano, addirittura, come sostanza dopante. Poi, a seguito dell’aumento delle zone paludosi nella Chiana, questa produzione è andata scemando, se non mantenendosi in qualche abitazione solo ed esclusivamente per uso privato. Con la bonifica della zona, terminato nel ventennio fascista, il suolo ha acquisito le caratteristiche che hanno reso l’Aglione della Valdichiana quello che è oggi. Dagli anni ’60, poi, la quasi “scomparsa” della coltivazione dalle campagna chianine, aveva lasciato l’Aglione in una condizione disastrosa che rischiava di farlo estinguere per sempre. Grazie, invece, al lavoro degli eroici produttori, si sta riscoprendo sulle nostre tavole il gusto delicato e gustoso dell’Aglione della Valdichiana.

Monica Bettolini, produttrice di Aglione della Valdichiana

«Le lavorazioni che permettono di produrre l’Aglione sono molteplici – spiega ad agricultura.it Monica Bettollini, produttrice di Montepulciano – e tutte da fare esclusivamente a mano. La semina, che avviene da ottobre fino a primi giorni di dicembre, si effettua interrandolo a circa 4-5 cm ad una distanza che varia dai 20-25 cm ai 40-45 cm, che portano ad avere 7mila bulbi per ettaro. Il suolo prima della semina deve essere sciolto, sabbioso, e non stagnante, ma allo stesso tempo, mantenga una certa umidità, per permettere la crescita del bulbo stesso. Le altre lavorazioni – continua -, ovviamente, durante la fase di crescita, si effettuano a mano, fino alla raccolta che avviene nei mesi di giugno e di luglio, quando le foglie iniziano ad ingiallire, ma sempre prima che il bulbo marcisca. A questo punto, l’essiccazione del prodotto, deve avvenire, in un luogo fresco ed asciutto, fino al raggiungimento della condizione ideale. Tutti questi lunghi processi, portano i produttori ad aver un prodotto finale che pesa sui 600-800grammi».

Il gusto in tavola Uno degli utilizzi più comuni di questo “gigante” ovviamente è come condimento per la pasta, che insieme a degli ottimi pomodorini rende i famosi Pici (al sugo di carne e alle briciole, gli altri condimenti ammessi dalla tradizione, ndr) apprezzati in tutto il mondo. Ma ci sono altre possibilità di impiego, come ci ha raccontato Monica Bettollini, visto che all’interno dell’azienda I Tre Capi  stanno realizzando – ancora in via sperimentale – delle creme a base di aglione ed uva rossa, che possano essere abbinate ai pecorini, più o meno stagionati.

I pici della Contrada Le Coste

E durante l’ultima edizione di A Tavola con il Nobile – il concorso enogastronomico del Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano, una gara fra i fornelli fra le otto Contrade del Bravio delle Botti – il piatto scelto, erano appunto i pici: «Abbiano rivisitato il concetto di sugo all’aglione – spiega la Bettollini -, creando una crema di aglione (che si forma in maniera naturale nella trasformazione dell’Aglione) e patate, con aggiunta di salsiccia ed olio. Ne è scaturito un condimento semplice e molto gustoso, che dimostra che oltre al suo uso classico (come le altre tipologie di aglio), le caratteristiche qualitative (alta digeribilità e bassa “alitosi”, grazie alla poca presenza di alliina) rendono l’Aglione della Valdichiana, una volta provato, un alimento difficilmente sostituibile sulle tavole dei consumatori».

 

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