Top 100. L’Italia del vino conquista il mondo. Sassicaia al primo posto, Castello di Volpaia al terzo per Wine Spectator

C’è sua maestà il Sassicaia con 97 punti – Tenuta San Guido 2015 – in vetta ai top cento di Wine Spectator 2018, i migliori vino al mondo selezionati dai redattori della rivista americana tra oltre 15mila etichette assaggiate alla cieca. In attesa di conoscere l’elenco completo – sarà pubblicato domani – l’Italia ha un posto in paradiso nella top ten. Al terzo posto, infatti, c’è il Chianti Classico Riserva 2015 Castello di Volpaia con 96 punti mentre al nono posto l’Etna San Lorenzo 2016 di Tenuta delle Terre Nere con 95 punti.

La graduatoria La classifica di quest’anno segna un ritorno ai vini blue-chip delle regioni classiche di tutto il mondo ma è anche arricchita da un entusiasmante gruppo di emergenti. Più della metà dei vini, infatti, – fanno sapere dal Wine Spectator – compariranno per la prima volta nella Top 100. Alti i punteggi con quasi 5.500 vini che hanno ricevuto da 90 punti o più. Quattro i criteri utilizzati: qualità (in base al punteggio), valore (prezzo), disponibilità (numero di bottiglie importate negli Stati Uniti) e, cosa più importante, un convincente storia dietro il vino, quello che gli americani considerano il “fattore X”. Il risultato è un microcosmo del mondo del vino di oggi, che riflette la sua sempre crescente diversità, con stili di vino innovativi che fanno registrare punteggi più alti rispetto agli anni precedenti. Una media di 93 punti e un costo medio a bottiglia di 50 dollari (43 euro). Due vendemmie, la 2015 e la 2016, costituiscono due terzi della Top 100 di quest’anno. Si tratta – anticipa sempre Wine Spectator – di superbe annate a Bordeaux, in Borgogna e nella Valle del Rodano, di vini della Toscana e di altre regioni italiane, e in Europa in generale. Anche se la California ha dovuto lottare con la siccità nel 2015, figurano alcuni vini fantastici ma Francia e Italia recitano la parte da leone con circa il 70 percento dei vini in classifica.

L’Italia nella top ten Se a brillare è l’Italia, la Toscana merita sicuramente un posto d’onore con due posti sul podio, il primo e il terzo. Il Sassicaia è un vino simbolo, come il blu-chip del Bordeaux, il Grand Cru della Borgogna o il Cabernet della Napa Valley. Sebbene il suo carattere sia austero rispetto ad altri vini in stile bordolese di Bolgheri, invecchia magnificamente. In un’annata stellare come il 2015, il Sassicaia ha tutto: aromi di ribes nero, mora, violetta, minerale e spezie ricchi e concentrati uniti ad una struttura densa; acidità vibrante che guida il retrogusto lungo. Ma il Sassicaia 2015 è molto diverso dalle prime annate realizzate dal marchese Mario Incisa della Rocchetta, il creatore del vino. Quei vini erano prodotti da Cabernet Franc preso vicino a Pisa e piantato in alto su una collina interna, vicino a Castiglioncello. Sebbene il vigneto originale esista ancora, la maggior parte dei vigneti di Sassicaia oggi si trova a quote più basse. Con Antinori è arrivato Giacomo Tachis che ha applicato le sue conoscenze e abilità allo sviluppo del Sassicaia. Vennero piantati vigneti più bassi sul pendio e più vicini al mare, principalmente di Cabernet Sauvignon, che divenne la spina dorsale del vino. Oggi il Sassicaia è per l’85% di Cabernet Sauvignon e per il 15% Cabernet Franc. Il nuovo Sassicaia presto attirò l’attenzione degli appassionati di vino di tutto il mondo. Eppure non ha mai perso il suo carattere e le sue radici toscane. Le annate del 1985 e del 1988 sono leggendarie e il 2015 rivela tutti i tratti distintivi di un grande Sassicaia che un giorno godrà di una reputazione simile.

La famiglia Stianti Mascheroni ha legato la sua storia al borgo di Volpaia fin dal 1966 a Radda in Chianti (la fattoria nasce nell’XI secolo come borgo fortificato al confine tra Siena e Firenze, nel cuore del Gallo Nero) e grazie al lavoro del loro direttore ed enologo Lorenzo Regoli, hanno finalmente raggiunto un grandissimo risultato con la Riserva 2015. Un rosso complesso ed equilibrato con un finale lungo. Le uve, biologiche, sono una selezione proveniente da cinque vigneti Casavecchia, Capo e Pitti, Docciola, Campo alla fonte, Santa Maria Novella, sono coltivate in terreni di arenaria. Le uve sono state vendemmiate interamente a mano in casse da 15/20 Kg, diraspate e pigiate in maniera molto soffice. La cantina di fermentazione è stata minuziosamente progettata per tenere sotto controllo tutte le fasi di vinificazione ed esaltare le caratteristiche qualitative delle uve. Il controllo della temperatura di fermentazione e l’utilizzo di un impianto di follatura determinano una perfetta estrazione delle sostanze che conferiscono al vino colore, morbidezza ed eleganza. La fermentazione avviene grazie a lieviti autoctoni. Il pigiato fermenta ad una temperatura controllata tra 27°C e 30°C. Nella prima fase di fermentazione, che dura 14 giorni, vengono eseguiti due cicli di follature al giorno, per avere una maggiore estrazione di sostanze “nobili” dalle uve, la successiva macerazione sulle bucce ha una durata di 10 giorni. A fermentazione malolattica avvenuta il vino è affina per 24 mesi in botti di rovere di Slavonia e in barriques di rovere francese.

Il frutto maturo di amarena e lampone incontra il minerale catramoso e gli accenti di liquirizia, di buccia d’arancia speziata ed erba in questo rosso di medio corpo. Il sapore audace e la struttura sono abilmente intrecciati in un pacchetto armonioso con il carattere speziato e minerale persistente sul finale. Al nono posto c’è tutto il carattere della Sicilia nell’Etna San Lorenzo 2016 di Tenuta delle Terre Nere, l’azienda di Marco de Grazia che ha acquistato vigneti sul vulcano dal 2000. Questo rosso aggraziato fonde Nerello Mascalese (98%) e Nerello Cappuccio, provenienti da 9,9 ettari di vigneti all’interno del cru di San Lorenzo. Le viti hanno più di 70 anni, l’altitudine è di 750 metri sul livello del mare, il terreno è sabbia vulcanica quasi pura. Il vino da questo cru è particolarmente ricco, fruttato e con tannini molto morbidi che lo rendono morbido ed equilibrato al palato.

Tra le altre posizioni svelate al n. 2 c’è il bordolese Château Canon-La Gaffelière St.-Emilion 2015, mentre la posizione n. 4 è occupata dal Rioja 890 Gran Reserva Selección Especial 2005 di La Rioja Alta. Al n. 5 il Brut Champagne Dom Pérignon Legacy Edition 2008, lo Chardonnay Carneros Larry Hyde & Sons 2016 di Aubert, dalla California, al n. 6, il Pinot Noir Chehalem Mountains Dopp Creek di Colene Clemens dall’Oregon, al n. 7, lo Châteauneuf-du-Pape 2016 de Le Vieux Donjon al n. 8, ed il The Bedrock Heritage Sonoma Valley 2016 di Bedrock al n. 10.

 

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