«E’ grave che, in 10 anni, la politica locale non abbia voluto porre rimedio all’errore di aver trasferito alla Regione Sardegna la gestione delle dighe, ma soprattutto dell’acqua trattenuta nei bacini, sottraendola ai Consorzi di bonifica; i risultati sono sotto gli occhi di tutti: costi più alti, penalizzando l’agricoltura isolana, fondamentale per l’occupazione e l’economia, ma anche per la gestione del territorio e dei suoi paesaggi».
A sottolinearlo è Massimo Gargano, Direttore Generale dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI), che insiste: «Dispiace che la proposta di legge, da noi sostenuta per rimediare ad una scelta sbagliata, non abbia nemmeno iniziato il suo iter; recuperare quello scippo, valorizzando la capacità di ordinario autofinanziamento dei Consorzi di bonifica, consentirebbe di risparmiare i 17 milioni di euro, che la Regione Sardegna annualmente destina al sistema della Bonifica.
Ricordiamo alla Regione che i Consorzi di bonifica sono rimasti l’ultimo ente intermedio di area vasta, ambito determinante soprattutto nella salvaguardia idrogeologica; non valorizzarne il ruolo vuol dire condannare un territorio. È inconcepibile – evidenzia il dg di ANBI – che in Sardegna, dopo tutte le sentenze della Corte di Cassazione ed i chiarimenti arrivati nel resto d’Italia, la burocrazia regionale ci chieda ancora periodicamente lumi sulla natura giuridica dei Consorzi di bonifica! Ciò, nonostante ci sia l’Accordo Stato-Regioni del 2008. Questa sordità verso le esigenze del territorio- conclude Gargano – aumenta la distanza tra la Sardegna ed il resto d’Italia ed è un peccato, considerate le risorse, le intelligenze e le ricchezze presenti nell’Isola»