Un trend di crescita che non si arresta e perfettamente in linea con quello mondiale di settore. Il Prosecco DOC si apre a nuovi mercati ed è pronto a raccogliere le sfide di una domanda che corre sia in Italia che all’estero con un consumatore sempre più attento ed esigente. Con Luca Giavi, direttore generale del Consorzio di tutela Prosecco DOC abbiamo fatto un bilancio dell’anno appena concluso con un’attenzione particolare alle proposte per il rafforzamento del sistema delle Indicazione Geografiche che sarà al centro del #KickOffQualivita, meeting in programma a Siena il prossimo 5 febbraio.
Direttore, che hanno è stato quello appena concluso? Il 2018 si è concluso in linea con le attese. Avevamo previsto nella nostra programmazione triennale una crescita tra il 5 e il 7% annua. Il 2018 si è concluso con circa un +6% di incremento superando la soglia delle 460 milioni di bottiglie prodotte delle quali il 75% destinato all’export e la restante quota al mercato interno. 24milioni di bottiglie in più che vuol dire una media denominazione italiana. E’ chiaro che l’euforia degli anni scorsi è andata stabilizzandosi ma siamo ancora con un ampio segno positivo di crescita e in linea con il trend mondiale.
Su quali nuovi obiettivi state lavorando? Per il 2019, in linea con quanto previsto, contiamo di mantenere questo trend. Il dato interessante di evoluzione è che su alcuni mercati ci stiamo stabilizzando, altri come la Francia, sono diventati il nostro quarto mercato: cresciamo dell’11.4% e raggiungiamo il 18,1% con il comparto spumante.
Il Regno Unito, dove eravamo fortemente esposti, è in leggera contrazione ma assorbe ancora il 31% del nostro export e rimane il mercato principale. Segno positivo dagli Stati Uniti al 24% per lo spumante mentre un dato interessante è quello che, per quanto ci riguarda, la Francia ha sorpassato la Germania nella misura di 300 ettolitri.
Sul mercato tedesco è ripartito il frizzante in crescita del 10%. Crescono Belgio con lo spumante a +45%, Svezia +39% e Canada come denominazione del 16%.
Infine diminuisce del 5% la concentrazione sui primi tre mercati perché come export cresciamo del 4,4%. Questo vuol dire vuol dire che sta aumentando la base dei paesi e i consumatori diventano più significativi.
Con quale tipo di consumatore avete a che fare? Di fatto sui primi mercati c’è un consumatore sempre più attento, equamente distribuito per fasce di età, con una formazione medio alta e un crescente dato di consapevolezza rispetto al fatto che Prosecco è una denominazione. Un sostanziale consolidamento del posizionamento. Tutto ciò che è effervescente ha maggiore appeal sui giovani e sul mondo femminile.
Come sono i rapporti con l’Unione Europea? Che segnali vi aspettate? C’è una stretta collaborazione con la Commissione Europea, sul piano degli accordi internazionali stanno arrivando buoni segnali. Su altri temi, come l’accordo Mercosur, Australia e Nuova Zelanda due paesi che ritengono di etichettare con nome prosecco c’è discussione, ma l’azione ci sembra venga portata avanti in modo corretto. E’ chiaro che su questo fronte ci attendiamo dei segnali forti.
Temete la concorrenza? Nel mondo sparkling esistono due grandi segmenti: il metodo classico con Champagne, Crémant e Cava e alcuni classici italiani con volumi molto contenuti che corrono la loro gara; dall’altra parte il metodo charmat dove noi giochiamo la parte del leone sia in termini di percepito che di qualità delle nostre produzioni. Ci sono realtà come come quella tedesca che noi spesso sottovalutiamo ma non temiamo confronti assolutamente.
Io ritengo che sia più una ‘guerra’ interna e dobbiamo fare attenzione al posizionamento della nostra produzione per non lasciare spazio a vini generici di cui vediamo la comparsa sul mercato ogni giorno.
A questo proposito, come è possibile rafforzare il sistema delle Indicazioni Geografiche e che proposte lancerete al Kickoff meeting di Siena del prossimo 5 febbraio? Il rafforzamento delle IG passa da una corretta interpretazione delle norme comunitarie a livello locale. Credo che debbano essere date maggiori possibilità di azione al sistema produttivo entro i margini della normativa europea. Il sistema produttivo ha interesse ad autodeterminarsi all’interno di una politica comunitaria ma ha necessità di gestirsi con un maggiore dinamismo per essere al passo con i tempi. Alcune normative, come quella francese, consentono di operare in questo senso; contiamo che anche in Italia venga dato ai consorzi maggiore margine in questa direzione.