La campagna olivicola 2018/2019 passerà agli annali come la peggiore della storia. Come ampiamente anticipato da Italia Olivicola nei mesi scorsi, infatti, a dispetto di tanti altri numeri lanciati a caso, la produzione a livello nazionale risulta ridotta di quasi il 60% (166mila le tonnellate registrate fino a dicembre, si arriverà massimo a 180mila), a causa degli eventi atmosferici catastrofici di questi mesi, tra tutti le gelate di febbraio 2018 in Puglia, che hanno determinato la perdita di un milione di giornate lavorative.
Ci sono, però, alcuni misteri che rendono poco comprensibile il funzionamento del settore dell’olio di oliva in Italia e che andrebbero risolti, soprattutto in questa fase nella quale si stanno compiendo delle scelte per il nuovo piano olivicolo nazionale.
Uno dei misteri da svelare, ad esempio, è il volume record di giacenze di olio extra vergine di oliva made in Italy. L’Italia è il più importante importatore di olio al Mondo, con una media di 560mila tonnellate per anno nell’ultimo triennio, ed è il primo Paese come consumi con una media annuale di quasi 600mila tonnellate.
Questi primati sarebbero tali da giustificare una veloce commercializzazione dell’olio italiano ed invece non è così ed a rimanere invenduto è proprio il nostro migliore prodotto, almeno stando ai dati ufficiali.
I dati pubblicati dall’ICQRF (Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressioni frodi), tratti dal sistema di tracciabilità telematica, informano che, a fine settembre 2018, il 25% della produzione di olio extra vergine di oliva ottenuta nel corso della campagna 2017-2018 era ancora detenuta invenduta ed allo stato sfuso dagli operatori.
Si tratta di 100.000 tonnellate di ottimo olio extravergine d’oliva italiano che non è stato commercializzato, in un’annata dove, secondo le elaborazioni Ismea, si sarebbe raggiunto il picco dei consumi interni delle ultime quattro campagne di commercializzazione.
Per le produzioni certificate va ancora peggio. Le giacenze di olio extra vergine di oliva riconosciuto come DOP/IGP o come biologico, all’inizio della corrente campagna di commercializzazione (primi di ottobre), hanno addirittura superato il 100% del volume di produzione annuale.
Il quadro, quindi, è particolarmente allarmante, e ciò rende incomprensibili alcune recenti operazioni commerciali a danno dell’immagine dell’extravergine nazionale.
«E’ mai possibile che un quarto del prodotto made in Italy ottenuto rimanga in mano a olivicoltori e frantoiani, in un’annata durante la quale abbiamo importato 550.000 tonnellate di olio di oliva? – si chiede Gennaro Sicolo, Presidente di Italia Olivicola, la più importante organizzazione italiana della produzione -. Se il prodotto italiano non viene venduto, come dimostrano i numeri, è ragionevole pensare che nelle bottiglie venga spacciato per italiano olio che in realtà non lo è».
«Siamo al centro di una grande speculazione che mira ad affossare l’olivicoltura italiana costringendo gli agricoltori a svendere il prodotto di qualità a prezzi bassissimi, così come succede in Spagna e Tunisia – ha continuato Sicolo -. Non si spiegano altrimenti, d’altronde, i primi riscontri sugli scaffali con prodotti definiti “100% italiani” venduti a 2,99 euro al litro».
«Occorrono maggiori controlli, sempre più in profondità per evitare che simili storture si manifestino. Combatteremo questo sistema in maniera forte e netta, augurandoci un intervento concreto e deciso del governo, per evitare che le frodi, le contraffazioni e le truffe nei confronti degli agricoltori e dei consumatori possano diventare la normalità», ha concluso Sicolo.