Le possibili applicazioni del genome editing e le tecniche di miglioramento varietale per innovare la viticoltura italiana in termini ambientali, economici e sociali. Questi i temi dell’annuale Forum nazionale vitivinicolo organizzato da Cia Agricoltori Italiani che si è tenuto a Firenze, per la prima volta in partnership con l’Accademia dei Georgofili. (LEGGI).
Fra le relazioni quella di Riccardo Velasco, PhD. Direttore del Centro di Viticoltura ed Enologia – CREA VE, che pubblichiamo.
Da poco più di un decennio abbiamo a disposizione la sequenza del genoma della vite, con un genoma di riferimento riconosciuto a livello internazionale, nel tempo affinatosi nei suoi dettagli ed accompagnato da un sempre più ampio numero di genomi di varietà di V. vinifera, una ricchezza di informazioni senza eguali in campo agrario. Questa ricchezza di informazioni ha rappresentato uno stimolo fondamentale all’impegno di alcune Università e istituti di ricerca italiani nel miglioramento genetico varietale della vite. Se da una parte è vero che abbiamo già a disposizione una discreta varietà di vitigni, sia di valenza internazionale che alcuni interessanti autoctoni, è altrettanto vero che i cambiamenti climatici e soprattutto la necessità di limitare l’intervento antropico nel controllo delle malattie richiedono un ripensamento nel modo di concepire la vitivinicoltura.
È indubbio che la crescente consapevolezza e sensibilità della società civile nei confronti della salvaguardia dell’ambiente e della salute impongono l’attenzione del mondo scientifico e produttivo allo sviluppo di strade alternative al controllo chimico dei maggiori patogeni, in particolare quelli fungini. Sicuramente nuovi approcci agronomici e strumenti sempre più sofisticati e precisi possono diminuire il numero di trattamenti e soprattutto limitare gli interventi al minimo indispensabile, ma il miglioramento genetico della vite può apportare un importante contributo nel settore. Da diversi decenni in Europa centrale si è portato avanti una attività di miglioramento genetico che ha invece subito una brusca interruzione negli anni ’70 in Italia ed in Francia a causa di notevoli difetti che l’introgressione di caratteri di resistenza da viti non europee causavano negli incroci realizzati allora. Tali difetti oggi possono essere evitati sia grazie all’attività trentennale dei centri di ricerca centro europei dei cui prodotti oggi ci possiamo avvalere, sia grazie alle informazioni genetiche che abbiamo del genoma della specie.
Da circa una decina di anni anche in Italia si è ricominciato infatti ad eseguire nuovi incroci tra il miglior materiale centro europeo e vitigni internazionali ed i migliori autoctoni in almeno tre regioni italiane: Friuli, Veneto e Trentino-Alto Adige. Interessanti accessioni sono già in produzione mentre altre stanno arrivando a conclusione del loro percorso di affinamento, e così sarà nei prossimi anni. Accanto a questi programmi di miglioramento genetico si inseriscono le nuove opportunità offerte dalle moderne biotecnologie, che promettono di produrre nuovi cloni di vitigni internazionali ed autoctoni tramite la cis-genesi e l’editing genetico. Strumenti e prospettive indubbiamente interessanti che meritano attenzione.