Dopo anni di record raggiunti e superati, il 2018 mette un freno alla corsa dell’export agroalimentare Made in Italy. Così Cia Agricoltori Italiani, che sottolinea quanto il rallentamento dell’economia mondiale ed europea, in particolare di partner storici come la Germania, unito al rischio recessione dell’Italia con tutte le stime riviste al ribasso, ha di fatto pesato sulle performance delle esportazioni tricolori di cibo e bevande. L’anno si è chiuso infatti a quota 41,8 miliardi di euro, con un incremento modesto dell’1% e un obiettivo diventato di colpo più difficile: ovvero sfondare il muro dei 50 miliardi di export agroalimentare entro il 2020.
Nel dettaglio – secondo le elaborazioni dell’Ufficio Studi Cia Agricoltori Italiani su dati Istat – nel 2018 le vendite estere di prodotti agricoli hanno ceduto il 5% del loro valore, mentre hanno tenuto i prodotti alimentari trasformati. Una dinamica che si è mantenuta in quasi tutti i principali mercati di sbocco. In particolare, oltre tre quinti (65%) delle vendite è finito sulle tavole dei consumatori europei e la Germania (7 miliardi) si è confermata prima destinazione dell’export nazionale, con una flessione del 6,2% per i prodotti agricoli e un aumento dell’1,5% per i prodotti alimentari. A seguire la Francia (con 4,7 miliardi), l’unica che ha fatto registrare il segno più all’interno di entrambe le voci commerciali (+3,1% prodotti agricoli e +4,4% gli alimentari). Il mercato USA, con un valore complessivo di 4,2 miliardi di euro e un incremento del 4,1% per l’export alimentare, continua a pesare per il 10% all’interno delle spedizioni italiane verso l’estero. Sulle tavole dei consumatori del Regno Unito è giunto l’8% dei prodotti agroalimentari Made in Italy per un fatturato di 3,4 miliardi. Nonostante i timori per la Brexit, nell’ultimo anno, i prodotti Made in Italy alimentari venduti oltremanica sono aumentati (+2,2%) mentre quelli agricoli hanno subito una battuta di arresto (-3,8%). Il restante 25% delle esportazioni è stato venduto sugli altri mercati tra cui la Svizzera, con il 4% del totale e il Giappone (1,1 miliardi di euro).
“L’export agroalimentare italiano, insomma, continua a crescere ma a un ritmo molto più lento degli ultimi anni – commenta il presidente nazionale Cia-Agricoltori Italiani Dino Scanavino-. E’ chiaro, in questa fase delicata e incerta, non alimentare tensioni protezioniste. Per tornare a ragionare sull’obiettivo dei 50 miliardi nel 2020, non bisogna chiudersi al mondo ma esplorare nuovi mercati nel rispetto della reciprocità delle regole, chiudendo accordi come il CETA o il JEFTA, oltre a costruire strategie innovative per promuovere e valorizzare i nostri prodotti di qualità all’estero”.
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