«L’Assemblea ha disegnato il futuro del Grana Padano DOP e della sua filiera. E l’ha fatto all’unanimità, con il 98,84% dei voti favorevoli e lo 0,16% di astenuti, alla presenza del 92,2% dei nostri consorziati. Le parole d’ordine saranno: distinzione, perseguita con stagionature più pronunciate come il 18 ed il 24 mesi; sostenibilità, per la tutela dell’ambiente e del lavoro; benessere animale e sicurezza alimentare. La nostra parte per garantire la qualità e il benessere dei consumatori la stiamo facendo, ma ora anche la politica deve dotarci di quegli strumenti normativi utili per difendere la nostra eccellenza dagli attacchi dei similari».
Con queste parole Stefano Berni, direttore del Consorzio di Tutela del Grana Padano, spiega quali sono i punti cardine che caratterizzano presente e futuro del formaggio DOP più consumato al mondo. Le parole d’ordine sono state indicate dall’Assemblea Generale che si è tenuta nei giorni scorsi alla presenza dell’europarlamentare Paolo De Castro, di Fabio Rolfi, Assessore all’Agricoltura e Sistemi Verdi di Regione Lombardia, di Ettore Prandini presidente Nazionale Coldiretti e di Massimiliano Giansanti, presidente Nazionale di Confagricoltura.
«Nel rispetto della tradizione – continua Stefano Berni – il Grana Padano diventerà via via un prodotto più moderno, perché più magro e saporito ma meno salato, benefico per la pressione arteriosa e per l’assimilazione del calcio, sempre più digeribile, adatto ai vegetariani, rigorosamente legato al suo territorio e ai suoi foraggi e senza conservanti. Lo strumento per misurare e garantire queste performances sarà la blockchain e il puntiglioso controllo e giudizio dei consumatori, effetto garantito dallo stesso modello blockchain. Il Consorzio la sua parte la sta facendo e la farà. Tutto ciò aiuterà a distinguerci dai copioni, che con una metafora sportiva potremmo definire dei ‘succhiaruota’ come Learco Guerra con il mitico Alfredo Binda, giudicato dall’antologia del ciclismo quale figura pericolosissima perché parassita non simbiotico che genera esclusivamente danno. Una storia che invito a leggere per la sua moderna attualità».
«Se non interverrà il legislatore a favorire la semplificazione e l’evidenza della verità sarà tutto più difficile – aggiunge il direttore del Consorzio. Perciò servono regole più chiare contro le evocazioni sugli scaffali della GDO e i ‘mescoloni’ indistinti, ma serve anche far sì che siano informati gli avventori dei punti di ristorazione perché ormai il budget che gli italiani destinano ad alimentarsi vien speso quasi per il 40% fuori casa. E negli oltre 300.000 punti di ristorazione attivi in Italia ben pochi sono quelli che evidenziano ai clienti gli ingredienti usati in cucina».
«Noi – conclude Stefano Berni – ciò che potevamo fare per la trasparenza e l’informazione globale l’abbiamo fatto e lo faremo con ancor maggiore impegno, ma ora spetta alla politica e alle istituzioni adottare le norme che consentano al consumatore di scegliere con facilità e, soprattutto, consapevolmente. Oggi ancora non è così».