Birra artigianale: adesso c’è il Consorzio di tutela della vera birra artigianale made in Italy. Obiettivo è garantire l’origine delle materie prime, dal luppolo all’orzo, e la lavorazione. Uno strumento per fermare la proliferazione delle finte bionde e l’omologazione dei grandi marchi mondiali.
A promuovere l’idea del Consorzio è stata la Coldiretti. Fondatori del Consorzio, presentato non a caso nel periodo di massimo consumo di birra, sono Teo Musso del birrificio agricolo Baladin, Marco Farchioni di Mastri Birrai Umbri, Giorgio Maso di Altavia, Vito Pagnotta di Serro Croce e Giovanni Toffoli della Malteria Agroalimentare Sud.
Obiettivo del Consorzio, con tanto di disciplinare, è la valorizzazione della filiera produttiva locale, creando un rapporto più solido tra i piccoli produttori e i coltivatori di orzo, luppolo e altre materie prime complementari. I birrifici vengono sostenuti nel reperimento di materia prima italiana dalla filiera tracciata e garantita, con gli associati che si impegnano a utilizzarne almeno il 51%. Si tratta, tra l’altro, di un’opportunità per l’agricoltura con il recupero anche di aree dismesse in fasce marginali.
Il disciplinare si basa sulla definizione di Birra Artigianale stabilita per legge (2016), che indica in tre criteri da rispettare: indipendenza del birrificio, limite di produzione stabilita in un massimo di 200 mila ettolitri l’anno e integrità del prodotto senza processi di pastorizzazione o di microfiltrazione. Sul fronte dei consumi il Consorzio punta ad una maggiore trasparenza dei menu nei ristoranti, pizzerie, bar o pub, dove troppo spesso sotto la denominazione di birre artigianali vengono offerti marchi che non lo sono, magari prodotti da colossi del settore. Alla denominazione di ‘Birra Artigianale’ viene integrata anche l’indicazione “da filiera agricola italiana”.