Produzione in calo del 10%, ma qualità ottima. A pochi giorni dall’inizio della vendemmia in Veneto, Confagricoltura traccia un quadro in prospettiva dell’annata che, grazie a una primavera fredda e piovosa e un inizio estate caldo e secco, è foriera di una produzione di vini potenzialmente eccellenti. La vendemmia partirà in ritardo di otto-dieci giorni rispetto al 2018: a fine agosto il via con il pinot grigio, poi in settembre toccherà al chardonnay e quindi glera, merlot, garganega, durella, soave e infine i rossi.
“Eravamo un po’ preoccupati in maggio, perché l’abbondanza di piogge faceva temere per l’esplosione delle malattie della vite -, sottolinea Christian Marchesini, presidente dei viticoltori di Confagricoltura Veneto e Verona, oltre che vicepresidente nazionale del settore -. Poi per fortuna il clima si è stabilizzato, ma rimane l’incognita di quanta uva riusciremo a portare in cantina a causa delle numerose tempeste e grandinate che hanno colpito a macchia di leopardo i vigneti veneti. Prevediamo una riduzione delle rese, rispetto al 2018, che potrebbe arrivare anche al 12%. È un calo che ci fa tornare nella normalità delle rese del Veneto degli ultimi anni”.
Il calo , secondo Marchesini., è un fattore positivo, “in quanto favorisce la qualità e le caratteristiche organolettiche delle uve”. Non solo. Secondo il presidente dei viticoltori il contingentamento dei vigneti non può che fare bene: “Dieci anni fa la viticoltura veneta contava 70.000 ettari: quest’anno sarà nell’ordine dei 100.000. Una crescita importante, di oltre il 40% Gli imprenditori si sono impegnati e sono stati bravi, ma adesso diciamo che occorre stare accorti nel fare nuovi vigneti. Negli ultimi anni quasi tutte le doc, tramite i consorzi, hanno bloccato gli impianti: ha iniziato il consorzio di tutela del Valpolicella, seguito dal Prosecco e quindi dal Conegliano-Valdobbiadene e ora dal Pinot grigio delle Venezie. Sproniamo quindi i produttori a riflettere prima di impiantare vigneti non tutelati dalla denominazione d’origine, perché non sarebbe vantaggioso. Il percorso da seguire oggi non è più quello quantitativo, ma quello qualitativo. Dobbiamo valorizzare la viticoltura sostenibile e quella biologica, che sono il futuro. Verona, secondo i dati 2018 di Veneto Agricoltura, sta facendo da apripista con 1.013 ettari di superficie biologica e 1.359 in conversione, seguita da Treviso, che ha 796 ettari bio e 779 in conversione, quindi da Venezia con 599 bio e 204 in conversione. Dopo gli anni del boom, ci stiamo assestando su valori più bassi. Tutto sommato crediamo che sia però accettabile nel sistema dove ci sono prezzi più bassi di quelli garantiti dalle doc”.