Dalla Romagna una speranza per il settore pericolo, quest’anno letteralmente messo in ginocchio dalle condizioni climatiche, dai parassiti e dai portinnesti classici del cotogno che hanno portato alla morte fino al 20% delle piante e una scarsità di frutti, spesso rovinati a terra, con picchi negativi anche del 50-70%.
Lo scorso 27 agosto nell’area di Fusignano-Bagnacavallo (RA), la Fondazione Navarra di Ferrara, tra i più attivi e stimati centri di ricerca dell’Emilia-Romagna, ha comprovato in campo l’efficacia dei portinnesti franchi rispetto ai tradizionali cotogni. Un ritorno al passato per una formula che era stata progressivamente abbandonata a partire dagli anni ’90. A riproporla Geoplant Vivai, l’azienda vivaistica ravennate che ha continuato studi su questa tipologia di portinnesto, osservandone la valenza e incrementando i risultati. Tra questi, impianti produttivi con piante vigorose e non soggette a fenomeni clorotici, nel complesso meglio gestibili, frutti di aspetto bello e regolare, tipicamente calebassiforme e ben lontano dei frutti tozzi non graditi al pubblico moderno.
Grazie alle sperimentazioni in alcune realtà del territorio, la Fondazione Navarra ha mostrato i riscontri effettivi dell’anno 2019, in assoluta controtendenza rispetto allo scenario corrente. La Fondazione quest’anno metterà a dimora un campo prova dove verrà messa a confronto la varietà Abate innestata su diversi portinnesti (franchi vs cotogni) per poi dare indicazioni più precise ai produttori supportati anche dai dati di raccolta in campagna, come rapidità di messa a frutto, calibri, pezzatura. «Non abbiamo mai smesso di guardare con interesse ai portinnesti franchi – ha detto Gianluca Pasi, tecnico di Geoplant Vivai – convinti che la loro storicità fosse un punto di forza purché adeguandolo ai nostri tempi». Un’opportunità per le varietà William e Abate, produzioni fondamentali del territorio regionale emiliano-romagnolo, note e apprezzate in tutto il mondo.