Nell’ultima settimana sono più che triplicati (+220%) gli acquisti di Parmigiano Reggiano e Grana Padano negli Stati Uniti con una vera e propria corsa a fare scorte prima che sul “Re dei Formaggi” scattino i dazi voluti dal presidente Donald Trump e autorizzati dal Wto. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti presentata al Forum Internazionale dell’agroalimentare a Cernobbio dove è stata apparecchiata la “La tavola degli americani dopo i dazi”.
Dal 4 ottobre giorno in cui è stata pubblicata la black list dei prodotti colpiti da dazi in Usa, consumatori e ristoratori statunitensi – rivela la Coldiretti – stanno facendo man bassa di formaggio italiano in vista del 18 ottobre, la data nella quale entrerà in vigore un aumento tariffario previsto dal Dipartimento del Commercio statunitense (USTR) del 25% sul Parmigiano Reggiano e su altre specialità tricolori. Il dazio per il Parmigiano reggiano e per il Grana Padano passerà in particolare – spiega la Coldiretti – dagli attuali 2,15 dollari al chilo a circa 6 dollari al chilo.
Il risultato è che ogni camion carico di formaggio costerà fino a 80mila dollari in più secondo l’Associazione statunitense degli importatori di prodotti lattiero caseari, mentre il consumatore americano lo dovrà acquistare sullo scaffale ad un prezzo che passa dagli attuali circa 40 dollari al chilo ad oltre i 45 dollari, con un probabile effetto di contenimento dei consumi. A rischio c’è la crescita record del 26% dal valore delle vendite di Parmigiano Reggiano fatta registrare sul mercato americano, che è il secondo a livello mondiale per il formaggio italiano più conosciuto, e, con essa, un sistema produttivo unico al mondo dal quale si ottengono circa 3,7 milioni di forme all’anno, con 330 piccoli caseifici artigianali della zona tipica alimentati dal latte prodotto nelle circa tremila stalle rimaste dove si allevano circa 250mila mucche.
Oltre al Parmigiano saranno colpiti da dazi Usa – ricorda Coldiretti – esportazioni agroalimentari Made in Italy per un valore di circa mezzo miliardo di euro con la presenza nella black list di prodotti come Grana Padano, Gorgonzola e altri lattiero caseari ma anche su salami, mortadelle, crostacei, molluschi agrumi, succhi e liquori come amari e limoncello. In cima alla lista delle specialità più colpite, secondo un’analisi Coldiretti su dati Nomisma, ci sono i formaggi, per un valore di oltre 220 milioni di euro seguiti dai liquori con 150 milioni di euro, mentre sono stati “risparmiati” vino, olio extravergine d’oliva e pasta.
Si tratta dell’effetto evidente di una precisa volontà di Trump di dividere l’Unione Europea colpendo settori differenti Paese per Paese, come nel caso dell’agroalimentare. Se l’Italia ha così pagato caro in termini di formaggi – sottolinea la Coldiretti -, la Francia ha visto colpito principalmente i vini fermi per un valore di quasi 1,2 miliardi di euro, un quinto dell’export agroalimentare transalpino, mentre si sono salvati lo Champagne e le specialità lattiero casearie. Nel caso della Spagna l’importo dei prodotti penalizzati supera addirittura il 35% del totale con vino e olio d’oliva “stangati” dal presidente Usa – prosegue Coldiretti – mentre la Gran Bretagna pagherà caro soprattutto in termini di superalcolici, a partire dallo Scotch Whiskey, con un conto finale che colpisce oltre il 60% delle vendite di prodotti britannici. “Spirits” nel mirino anche nel caso della Germania, che si vedrà tassare circa un quinto delle sue esportazioni negli States.
“L’Unione Europea ha appoggiato gli Stati Uniti per le sanzioni alla Russia che come ritorsione ha posto l’embargo totale su molti prodotti agroalimentari, come i formaggi, che è costato al Made in Italy oltre un miliardo in cinque anni ed è ora paradossale che l’Italia si ritrovi nel mirino proprio dello storico alleato, con pesanti ipoteche sul nostro export negli Usa” ha affermato il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “al danno si aggiunge la beffa poiché il nostro Paese si ritrova tra quelli più puniti dai dazi Usa nonostante la disputa tra Boeing e Airbus, causa scatenante della guerra commerciale, sia essenzialmente un progetto francotedesco al quale si sono aggiunti Spagna ed Gran Bretagna”.