Il panorama brassicolo nazionale si sta sempre più arricchendo di birrifici agricoli, ovvero brasserie che oltre alla classica produzione di birra artigianale affiancano la coltivazione di parte delle materie prime agricole necessarie ai processi di birrificazione. Il malto, ingrediente principale a livello quantitativo di tutte le birre, deriva da orzo che deve presentare specifiche caratteristiche di qualità e composizione e richiede attenzioni particolari durante tutta la fase di coltivazione per possedere le migliori peculiarità tecniche alla trasformazione. Anche se l’Italia è da sempre un paese vocato alla coltivazione cerealicola, la messa a punto di sistemi colturali e l’individuazione di varietà idonee alla produzione di malto da birra è una tendenza piuttosto recente e sono poche le aziende agricole che si sono specializzate in tale coltura.
Approfondire la conoscenza di questa coltivazione è possibile attraverso la bibliografia, ma la realtà pratica impone di confrontarsi in primis con chi da più anni sperimenta e vive in campo tale produzione. Il Birrificio contadino Cascina Motta (Sale – Alessandria) , l’unico in Italia a coltivare direttamente e trasformare, inclusa la maltazione, tutte le materie prime per le proprie birre è un’azienda pionieristica a livello nazionale che ha ricevuto prestigiosi premi per l’innovazione di processo e l’ecosostenibilità che persegue in ogni fase della produzione. Marco Malaspina, co-titolare e responsabile agronomico dell’azienda, così descrive le particolarità della coltivazione dell’orzo da birra: “Per Cascina Motta coltivare il miglior orzo ed i migliori luppoli è il pre-requisito fondamentale per massimizzare la qualità organolettica della nostra birra contadina. Quindi, l’attenzione e la cura che poniamo alla coltivazione è pari, per non dire superiore, a quella che poniamo per ogni altra fase della brassatura: come si può ben concepire, infatti, se non avessimo buone materie prime da cui partire sarebbe impossibile ottenere buona birra. Coltivare l’orzo è una pratica conosciuta e consolidata in Italia, ma la granella ad uso maltario per birra richiede delle caratteristiche tecniche molto distanti da quelle perseguite normalmente. A differenza dell’orzo foraggero, infatti, la granella da birra deve avere bassi tenori proteici, molto amido, seme di grande calibro e di forma omogenea, inoltre si pone particolare attenzione ai tenori di micotossine ed altri eventuali contaminanti. La nostra azienda, inoltre, è certificata secondo il regime dell’agricoltura biologica, quindi, anche il tema della lotta agronomica alle infestanti ed alle fitopalogie in genere, riveste una importanza particolare”.
Fatte queste premesse tecniche, è importante specificare come l’orzo da birra non sia il classico orzo polistico, molto produttivo, impiegato per la destinazione mangimista e foraggera. Infatti, le varietà migliori e più tradizionali sono a spiga distica, ovvero, con semi disposti su soli due raghi, che risultano più grandi, seppur numericamente inferiori. Malaspina precisa “La scelta varietale è stata una delle fasi più critiche. Il nostro progetto si è avviato nel 2008 ed i primi 3 anni sono stati dedicati sostanzialmente alla prova di oltre 10 varietà di orzi distici differenti a semina autunnale e primaverile. Individuate le due varietà più valide nella nostra condiziona pedoclimatica (Tazio e Bastille), abbiamo affinato le tecniche di coltivazione, puntando molto sulla rotazione triennale con il solo impiego di leguminose, l’abbandono di ogni forma di fertilizzazione escluso il sovescio, la definizione della migliore densità di semina. La ricerca in ambito varietale ed agronomica, comunque, procede anno dopo anno. Ad oggi abbiamo addirittura conseguito il risultato di autoriprodurci il seme, sottoponendo il raccolto ad un’attenta fase di vagliatura e calibrazione ed allo stoccaggio in atmosfera inerte per preservare perfettamente la germinabilità delle cariossidi”.
La coltivazione dell’orzo da birra, pur risultando semplice come quella di ogni cereale vernino, richiede alcune accortezze particolari, di cui il responsabile agronomico del Birrificio Cascina Motta svela alcuni segreti: “Considerato l’impossibilità d’uso di fitofarmaci antifungini, considerate le periodiche abbondanti piogge autunnali e lo spostamento dei primi freddi in autunno inoltrato, preferiamo ritardare la semina rispetto al normale orzo. Questo significa predisporre la semina per metà novembre, tenendo conto che la nostra azienda ha sede nel cuore della Pianura Padana. Una leggera aratura e una buona preparazione del letto con erpicatura, quando il terreno è in perfetta tempera, sono le condizioni essenziali per la messa a dimora dei semi. Grazie all’elevato livello di meccanizzazione aziendale procediamo con semina di precisione, mantenendo sempre alta la dose di seme per ettaro: questa soluzione consente di limitare la crescita delle infestanti e riduce l’accestimento, così che ogni culmo porti un numero limitato di spighe, a tutto favore della grandezza ed uniformità di calibro delle cariossidi. Ai fini della semina procediamo ad una pulitura e calibratura molto efficace delle cariossidi da seme, in modo da evitare l’apporto di infestanti e favorire l’omogeneità di germinazione. La pratica della rullatura è, invece, abbandonata. Durante tutta la fase vegetativa poniamo poi attenzione alle aree perimetrali, in modo da mantenerle pulite dalle infestanti con la lotta meccanica. In prossimità della raccolta procediamo a periodici campionamenti, in modo da effettuare la trebbiatura non appena la maturità tecnologica è raggiunta, scongiurando così i rischi di bagnatura da temporali estivi. In ogni caso, gli orzi distici sono piuttosto precoci e la data del 25 giugno è il termine massimo entro cui procedere alla raccolta”.
Il Birrificio contadino Cascina Motta persegue la coltivazione in regime di agricoltura biologica ed anche le birre si fregiano del certificato BIO. Quali difficoltà tecniche si riscontrano in fase colturale? “L’aspetto fondamentale è la difesa dalle infestanti e fitosanitaria. Bisogna, quindi, provvedere ad accurata lotta meccanica, alla rotazione triennale con leguminose, curando i campi anche quando sono privi di colture (sfalcio o sovescio evitando che le malerbe vadano a seme). Non avendo a disposizione mezzi di lotta chimici contro le fitopatologie fungine è indispensabile curare la baulatura ed i sistemi di scolo, per evitare i ristagni, nonché prevedere le semine dopo la fase di pioggia più intensa (in genere ottobre e inizio novembre). Per quanto riguarda la concimazione, l’impossibilità di apportare azoto non è penalizzante, in quanto, comunque l’orzo da birra deve avere basse proteine e quindi, anche in agricoltura convenzionale, bisognerebbe ridurre al minimo od annullare tali apporti”.
Una volta raccolto l’orzo distico viene sottoposto alla maltazione, con la vostra malteria artigianale da 6 quintali a ciclo: “La maltazione è un processo peculiare della nostra azienda, forse il vero e proprio cuore produttivo che distingue Cascina Motta da tutti gli altri birrificio artigianali. Si tratta di un processo discontinuo, che realizziamo in modo continuativo nell’anno. L’orzo deve essere, quindi conservato: impieghiamo per questo due silos da 20 tonnellate ciascuno con sistema di inertizzazione con Anidride Carbonica. Il gas, in modo del tutto naturale, evita lo sviluppo di insetti e muffe e siamo così certi che la granella mantenga inalterate le sue proprietà tecnologiche fino al momento della lavorazione. Fondamentale è comunque procedere prima dello stoccaggio alla pulitura e calibrazione della granella, in modo da porre immagazzinare solo granella pulita e perfettamente integra, priva di residui di differente natura”.