La Commissione Europea non ha alcuna preclusione ideologica al miglioramento e all’evoluzione genetica delle piante a contrasto anche dei cambiamenti climatici, La posizione è emersa nel corso dell’incontro a Bruxelles, al Parlamento europeo promosso da Cia- Agricoltori italiani‘ La Commissione – ha precisato Chantal Bruetschy capo Unità Dg Sanità Innovazione e Biotecnologie – intende così accogliere la richiesta degli stati membri di avviare uno studio su queste tematiche, con l’obiettivo di sviluppare una riflessione sulla normativa vigente’’. Si punta ad ottenere nuove varietà di piante, più produttive, resistenti alle principali malattie (batteri e funghi), in grado anche di ridurre l’impatto dei prodotti chimici e di risparmiare risorse idriche.
Nel corso del workshop, ospitato dagli europarlamentari Simona Bonafè e Paolo De Castro, presenti i maggiori esperti del settore e arricchito dalle testimonianze di imprenditori agricoli provenienti da tutta Europa, è intervenuto il Segretario del SIGA (Società italiana di genetica agraria), Daniele Rosellini, che ha puntualizzato le differenze fra queste nuove sofisticate tecnologie e gli Ogm: “Le odierne tecniche di miglioramento genetico (New Breeding Techniques) e, in particolare, il genome editing, non presuppongono inserimento di Dna estraneo mediante geni provenienti da altre specie. Con le nuove tecniche di breeding si opera, invece, internamente al Dna della pianta, che rimane immutato e garantisce la continuità delle caratteristiche dei nostri prodotti”. Si stima che il cambiamento climatico possa ridurre il valore dell’agricoltura europea del 16% entro il 2050 e che la produzione dei Paesi del Mediterraneo possa scendere dell’80% entro il 2100. Partendo da questi dati Simona Bonafè ha ribadito la volontà di portare avanti questo dibattitto all’interno del Parlamento Ue per rispondere alle istanze degli agricoltori.
Nel suo intervento Paolo de Castro ha ricordato la necessità di un percorso di continuità fra tradizione e innovazione per mantenere viva la competitività nel mercato globale. Anche il giovane imprenditore, Valerio Guidolin, ha sottolineato che non bisogna aver paura dell’innovazione in agricoltura: “Tecniche di breeding tradizionale esistono da almeno 40 anni. È dagli anni ’70 che si introducono geni di piante coltivate in continenti diversi, che non potrebbero avvenire senza la manipolazione e l’intervento dell’uomo”.
Secondo il presidente di Cia-Agricoltori Italiani, Dino Scanavino, l’evoluzione genetica e le nuove biotecnologie sono gli strumenti con cui affrontare con tempestività le sfide dell’eco-sostenibilità e combattere anche i patogeni che minacciano un’agricoltura italiana già martoriata da tante fitopatie tra cui Xylella e cimice asiatica. “L’agricoltura non può fare a meno del miglioramento genetico, che ha da sempre accompagnato la sua storia mediante le tecniche tradizionali di incrocio e innovazione varietale –ha spiegato Scanavino-. Oggi abbiamo bisogno di ulteriore miglioramento per adattare le nostre colture a un contesto ambientale trasformato dal cambiamento climatico. Con il genome editing si arriva a perfezionare il corredo genetico delle piante in maniera simile a quanto avviene in natura, ma con maggior precisione e rapidità. La tecnica ha anche il vantaggio di essere poco costosa e si può facilmente adattare alle tante tipicità dei nostri territori”. L’auspicio di Cia è che si possa finalmente intervenire su una legislazione comunitaria, datata 2001, ritenuta ormai obsoleta e che ha determinato la contestata sentenza della Corte di Giustizia del 2018. “Un ultimo aspetto, riguarda la gestione di queste innovazioni –ha concluso il presidente Scanavino-. Non possiamo permetterci che il miglioramento genetico sia gestito solo da multinazionali lontane dalle esigenze reali del mondo agricolo. Dobbiamo promuovere tutti gli strumenti che possano sviluppare nuove relazioni tra pubblico e privato e interazioni più strette tra mondo dell’impresa e mondo della ricerca, sia attraverso maggiori investimenti pubblici. Il tema dell’innovazione, genetica ma non solo, deve essere centrale nell’applicazione della nuova Pac”.