Confagricoltura ha accolto con rammarico la decisione dei rappresentanti degli Stati membri europei riuniti nel Comitato per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi della Ue (SCOPAFF) che venerdì scorso hanno votato a favore della messa al bando in Europa del clorpirifos metile, l’unico agrofarmaco in grado di contrastare la temibilissima cimice asiatica, insetto alloctono che in quest’ultima annata ha procurato ingenti perdite produttive su molte colture frutticole, prevalentemente pomacee e drupacee. Il tutto con danni quantificati in diverse centinaia di milioni di euro, che hanno messo letteralmente in ginocchio interi comparti produttivi, in primis quello delle pere che ancora oggi vede l’Italia posizionarsi al primo posto in Europa per ettari coltivati.
La difesa della molecola ritenuta al momento essenziale, oltre che assolutamente sicura per il consumatore, ha trovato in prima linea non solo Confagricoltura, ma anche tutti gli operatori delle filiere interessate, la politica nazionale e le amministrazioni competenti.
Tuttavia alla luce del risultato fortemente penalizzante per il settore occorre interrogarsi sia a livello nazionale, sia europeo sui motivi alla base di questo insuccesso.
A parere di Confagricoltura è ormai improrogabile una riflessione generale per quanto riguarda l’iter procedurale relativo al processo di revisione delle sostanze attive utilizzabili in agricoltura: decisioni così impattanti su temi economici e sociali devono tener conto delle istanze degli agricoltori e della società più in generale. Ma devono tener conto soprattutto delle esigenze dei Paesi mediterranei in un quadro di cambiamenti climatici che sta rendendo la difesa delle colture sempre più complessa.
In attesa di conoscere in dettaglio modalità e tempi della revoca del principio attivo, Confagricoltura chiede alle Amministrazioni competenti di lavorare con urgenza ed in modo condiviso quantomeno per ottenere a livello europeo una deroga in relazione alla grave emergenza fitosanitaria della Cimice asiatica, autorizzando l’utilizzo del prodotto per la prossima campagna di produzione, nonché individuando limiti massimi di residui compatibili con questo utilizzo.
Su questo aspetto è indispensabile una forte collaborazione tra l’Italia e gli altri Paesi che hanno difeso la molecola, anche per salvaguardare le produzioni in via di commercializzazione.