di Mauro Rosati, direttore generale Fondazione Qualivita
La pubblicazione da parte di Treccani della decima edizione dell’Atlante Qualivita 2020, rappresenta non solo il giusto riconoscimento nell’ambito del patrimonio culturale dell’Italia per il settore dei prodotti a Indicazione Geografica, ma offre lo spunto per una riflessione sul ruolo che le produzioni agroalimentari e vitivinicole hanno avuto nello sviluppo economico ma anche culturale del nostro Paese. Il cibo, inteso sia come prodotto agricolo che come preparato della cucina, ha assunto negli anni un valore nuovo diventando un punto di riferimento essenziale per una serie di soggetti eterogenei e costituendo un tema che muove l’interesse e l’attenzione di segmenti sempre più ampi della popolazione mondiale. In questo mutato contesto sociale, si è diffusa con successo e capillarità la gastronomia italiana, contribuendo alla costruzione di una nuova identità del Paese nel mondo.
DOP IGP come patrimonio Alla base di questa penetrazione enogastronomica e culturale ci sono state senza dubbio le procedure di food labelling europee e nazionali. Sin dal 1992 l’Unione Europea ha previsto il riconoscimento di prodotti agroalimentari a Indicazione Geografica per evitare che la Politica Agricola Comune (PAC) pregiudicasse la ricchezza e la varietà di quei beni che l’UE considera “parte integrante del suo patrimonio culturale e gastronomico vivo”. Anche l’UNESCO, a partire dal 1989, ha dato inizio ad azioni di tutela del Patrimonio Culturale immateriale per preservare e valorizzare la “diversità culturale e la creatività umana”, inserendo determinati piatti e tradizioni culinarie nella lista dei riconoscimenti. Accanto a questi processi sovranazionali, possiamo aggiungere anche quelli interni come le attestazioni del Ministero delle politiche agricole con i Prodotti Agricoli Tradizionali (PAT) e i Paesaggi rurali storici, oppure quelle dei presidi di Slow Food.
Il successo di questi processi di patrimonializzazione ha rappresentato un fattore culturale diffuso e profondo che non ha riguardato solo imprese e Consorzi, ma ha coinvolto altri attori pubblici e privati e la società in senso ampio, modellando anche sul piano culturale l’identità del Paese. Si è trattato di un processo evolutivo agevolato da un supporto normativo puntuale e dinamico che ha trovato sponda nelle molteplici attività legate alla cultura del cibo e del vino, attività che, prese singolarmente, possono apparire poco rilevanti, ma che, analizzate nell’insieme, assumono una connotazione capace di far comprendere il cambiamento che ha fatto conoscere il made in Italy nel mondo. In questa evoluzione è stato fondamenatale il ruolo ricoperto dalle DOP IGP italiane – 860 prodotti DOP IGP disseminati in ogni regione, provincia e comune del territorio nazionale – e lo dimostrano i dati del settore, che parlano di un valore cresciuto del +70% in dieci anni (oggi superiore a 15 miliardi di euro alla produzione), e un export che grazie al +145% in un decennio, con 8,8 miliardi di euro, rappresenta oggi il 21% del totale delle esportazioni agroalimentari italiane.
Il successo della cucina italiana Accanto a questo primo fenomeno, bisogna rilevare che l’affermarsi della cucina italiana a livello globale ha rappresentato uno straordinario veicolo per la conoscenza dei prodotti tipici. A partire dagli anni ’90 si assiste alla progressiva sostituzione nel mondo degli storici ristoranti francesi con quelli italiani che con una cucina più semplice e una materia prima più variegata e di qualità, entrano nelle simpatie del consumatore globale. Un successo che viene sancito anche dalla ristorazione veloce internazionale che coniuga le ricette base italiane in format di successo come Pizza Hut o Spaghetti House.
DOP IGP come identità La connessione di questi due fattori (patrimonializzazione e diffusione della cucina italiana) contribuisce in modo determinante alla conoscenza della nostra cultura nel mondo, facendo dell’enogastronomia DOP IGP un pilastro della nuova identità del Paese, che si può evidenziare analizzando tre aspetti:
• Gli ambiti della produzione del sapere: lo sviluppo delle Indicazioni Geografiche e dei loro distretti è andato ben oltre la sfera agricola, ma ha tutelato e promosso aspetti relativi a saperi locali, tradizioni, paesaggi, biodiversità, tecniche di produzione, turismo e innovazione. • Il contributo alla moderna cultura alimentare: come risposta alla standardizzazione e alla globalizzazione del cibo, le DOP IGP hanno contribuito a far crescere i tratti distintivi della nuova cultura alimentare quali autenticità, condivisione, competenza, benessere, qualità del cibo e della vita. • Il ruolo nella società: il sistema dei prodotti DOP IGP ricopre un ruolo che unisce passato e futuro (poiché è la tradizione che offre l’ispirazione per crescere e innovarsi), promuove un’evoluzione del gusto per favorire la convivialità (con l’affermarsi di nuove esperienze legate al cibo) e, in definitiva, costituisce un vero e proprio veicolo della cultura alimentare come pilastro della cultura in senso ampio.
L’evoluzione del sapere legato al cibo è una lente importante attraverso cui analizzare la società perché costituisce uno degli aspetti più evolutivi degli ultimi anni. Ludwig Feuerbach diceva “siamo quello che mangiamo” ma se alziamo lo sguardo, cercando di cogliere una visione più complessiva sul nostro Paese, dovremmo piuttosto affermare che siamo quello che produciamo.