Mentre torna l’allarme meteo su alcune zone d’Italia, a Reggio Emilia si fanno i conti del periodo iniziato ai primi di Novembre e che ha fatto registrare valori di precipitazioni decisamente superiori alla norma: oltre 200 millimetri contro una media annua di 750 millimetri. L’impatto si è dimostrato quanto mai distruttivo sull’intero sistema di canalizzazioni, dove minuziosi monitoraggi stimano danni attorno ai 20 milioni di euro.
“La criticità più evidente – commenta Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) – è che il sistema di bonifica oggi fa conti salatissimi con questi fenomeni violenti. La rete idraulica avrebbe necessità di un Piano straordinario di consolidamento e potenziamento proporzionale all’entità della crisi climatica in atto. La nostra, più recente proposta per la riduzione del rischio idrogeologico indicava circa 3.700 interventi con un investimento pluriennale di quasi 8 miliardi di euro, capaci di attivare oltre 50.000 posti di lavoro.”
ANBI cita un altro esempio, che testimonia lo stress, cui è sottoposta la rete idrica del Paese: quello relativo alla quantità di acqua scolata; nella rete del Consorzio di bonifica dell’Emilia Centrale sono affluiti oltre 100 milioni di metri cubi (vale a dire 9 volte il limite di capacità massima), di cui circa 65 milioni “sollevati” e indirizzati verso il mare dalle pompe idrovore, il cui lavoro ha comportato un consumo di 1,254 milioni di kilowattora con il costo straordinario di circa 240.000 euro in pochi giorni di attività!
“Sono costi, che gravano sui bilanci dei Consorzi di bonifica, anche perché non vengono riconosciute tariffe energetiche agevolate per un servizio di evidente interesse pubblico – aggiunge Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – Quello reggiano è uno scenario ricorrente nel complesso sistema degli equilibri territoriali del nostro Paese; è solo un ulteriore esempio della necessità di agire in prevenzione semplicemente perchè, dati alla mano, costerebbe 7 volte di meno, senza contare i danni incalcolabili sulla vita quotidiana delle comunità. Per questo, lo rimarchiamo costantemente, chiedendo nelle sedi competenti che alle dichiarazioni di principio seguano atti concreti ad iniziare dall’approvazione parlamentare della legge sul consumo del suolo”.