Dallo scorso 14 dicembre è entrato in vigore, in tutta l’Unione europea, il cosiddetto Passaporto Verde, strumento introdotto a livello comunitario per una più accurata tracciabilità delle piante in vaso che consenta di risalire all’intera filiera produttiva e scongiurare, così, il diffondersi incontrollato di Xylella e altre epidemie potenzialmente pericolose per coltivazioni e vivai.
A un mese dall’introduzione, tuttavia, permangono importanti problemi nell’applicazione delle norme, a scapito soprattutto dei produttori. A denunciarlo è Aldo Alberto, presidente nazionale dell’associazione Florovivaisti Italiani: «Il Passaporto Verde è stato voluto con l’apprezzabile intento di scongiurare il ripetersi di altri casi Xylella. Tuttavia, per come è stato concepito, rischia di scaricare tale compito interamente sulle spalle dei florivivaisti, già tartassati da margini di guadagno sul venduto pressoché inesistenti. Serve, invece, migliorare la rete dei controlli a monte ed il primo passo, in questo senso, non può che essere un aumento degli ispettori fitosanitari, il cui numero è oggi insufficiente a verificare le centinaia di migliaia di piante in arrivo da ogni angolo del mondo».
«Gli adempimenti cui sono sottoposti i produttori sono gravosi, ma sono in essere forzature da parte della filiera che vanno nella direzione di appesantire ulteriormente i costi. Deve essere chiaro che l’obbligo di etichettatura sia da intendersi rispetto all’unità di vendita, che può dunque corrispondere a un intero carrello o addirittura al carico di un camion nel suo complesso, e non certo ad ogni singolo vaso come, invece, le grandi catene di distribuzione, e non solo, chiedono oggi ai produttori».
«L’Associazione dei Florovivaisti Italiani – conclude Alberto – è ovviamente al fianco degli operatori agricoli in questa vicenda molto delicata, tanto nel continuare a chiedere alle istituzioni i chiarimenti normativi del caso, quanto nel fornire assistenza diretta alle aziende nelle pratiche burocratiche connesse al Passaporto Verde».