Alla base produttiva della filiera suinicola regionale ci sono 737 allevatori professionali (erano 755 nel 2018) e oltre 241.000 capi allevati (erano 240.000 lo scorso anno): 111.000 i capi da riproduzione e 130.000 quelli da ingrasso. La densità è pari a 30,51 capi a kmq, leggermente superiore alla media nazionale che è di 28,77 capi/kmq. Nell’ultimo decennio, il trend indica una lenta diminuzione del numero degli allevamenti attivi e una sostanziale tenuta del numero di capi complessivamente allevati.
«Ciò significa che, per rendere remunerativa la nostra attività – spiega David Pontello, allevatore a San Vito di Fagagna e responsabile del comparto suinicolo di Confagricoltura Fvg – si va nella direzione di far crescere i singoli allevamenti, anziché moltiplicarne il numero. Sul versante economico, il 2019 ha avuto un andamento medio molto simile al 2018, ma con un buon innalzamento del prezzo dei suini nell’ultimo trimestre dell’anno. Probabilmente, molti animali esteri sono stati collocati in Cina (causa epidemia di Peste Suina Africana che ha reso obbligatorio l’abbattimento di milioni di capi) e, così, la domanda delle carni italiane è aumentata, facendo lievitare i prezzi. La filiera del prosciutto di San Daniele Dop che rimane un baluardo insostituibile per il comparto del suino pesante italiano, ha tenuto bene. Con l’adozione del nuovo disciplinare, che entrerà in vigore nei prossimi giorni – prosegue Pontello – sulla tracciabilità ci sono norme più chiare, sia per i produttori che per i controllori e l’inserimento del peso al macello “variabile”, non va a svantaggio degli allevatori. Le linee genetiche consentite sono praticamente tutte confermate mentre è una buona notizia il rientro della possibilità, per il prosciutto di Parma Dop, di poter acquistare le cosce suine anche in Friuli VG. Per noi è la riapertura di un nuovo piccolo mercato in più. Inoltre, abbiamo accolto con favore le ulteriori norme sul benessere animale poiché diminuendo il numero di scrofe e di suini allevati, per unità di superficie, c’è più qualità delle carni, più omogeneità di crescita per capo, maggiore indice di conversione e migliori condizioni di salute che significa minor necessità di utilizzo di farmaci. Un’altra nota positiva, per la suinicoltura regionale, è quella legata alla indennità dalla malattia di Aujeszky: siamo la prima regione in Italia a non aver più bisogno dell’apposito vaccino. In ogni caso, il clima che si respira nel comparto – conclude Pontello – pare essere quello di un cauto ottimismo per un, almeno, discreto 2020».
Ai vertici della qualità delle carni suine del Friuli VG, ci sono il prosciutto di San Daniele a Dop e il prosciutto di Sauris a Igp. A fianco, ci sono una trentina di Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) inseriti nell’apposito Elenco regionale. Con un fatturato pari a 160 milioni di euro, il comparto carni rappresenta circa il 20% del valore della produzione agricola regionale. Nell’ordine, contribuiscono a questo risultato soprattutto le carni suine (8,5%), seguite da quelle bovine (7,2%) e, infine, dal pollame (5,1%).