Grido di dolore dell’agricoltura fiorentina. Ampliamenti delle vie di comunicazione, investimenti per insediamenti industriali, fino all’allargamento della tranvia, il futuro centro sportivo della Fiorentina a Bagno a Ripoli, o l’eventuale nuova pista dell’aeroporto a Sesto Fiorentino. Tutti interventi che hanno in comune la riduzione di superficie agricola utilizzabile nell’area fiorentina. Una situazione ritenuta preoccupante dalla Cia Toscana Centro, che evidenzia la poca considerazione che la politica presta al settore, un tempo, primario.
«La situazione nell’area che ancora possiamo considerare rurale intorno a Firenze – sottolinea Sandro Orlandini, presidente Cia Toscana Centro – è drammatica; la città sta erodendo la campagna a vista d’occhio, dove fino a poco tempo fa c’erano coltivazioni ora ci sono strade asfaltate o nuovi insediamenti urbani. La politica ci deve dire cosa dobbiamo fare: se continuare a produrre cibo ed a salvaguardare ambiente e paesaggio, oppure dobbiamo chiudere per sempre le nostre aziende agricole».
Inoltre, secondo la Cia Toscana Centro siamo di fronte ad un diverso ‘trattamento’ da parte delle istituzioni: «La situazione climatica, che spesso mette di fronte le aziende a ondate di maltempo eccezionali – aggiunge Andrea Pagliai, presidente Spesa in Campagna Cia Toscana – obbliga sempre più a coltivare in serre invece che in campo aperto. Ma a differenza di altri settori (capannoni artigianali o industriali) le aziende agricole si trovano i bastoni fra le ruote da parte della burocrazia e degli enti locali, ritardando così le possibilità di investimento e di sviluppo delle nostre imprese, perché ci viene risposto che le serre sono impattanti per il paesaggio».
«C’è interesse e crescente attenzione per i mercati contadini e per la filiera corta – precisa Lapo Baldini, direttore Cia Toscana Centro -. E sempre più ricerca di prodotti stagionali e del territorio, come testimoniamo le nostre aziende agricole che ogni venerdì portano le loro produzioni al mercato del Parterre a Firenze. Oppure per quelle che fanno vendita diretta in azienda. Ma a questo trend di crescita di consumo del prodotto locale deve corrispondere a politiche che tutelino e permettano di fare reddito alle aziende agricole. Come Cia guardiamo ovviamente allo sviluppo complessivo del territorio ed al suo progresso, senza però dimenticare la relazione che ci deve essere con il mondo agricolo sia per le produzioni agricole sia per la salvaguardia del paesaggio».
Senza considerare – prosegue la Cia – il dissesto idrogeologico conseguente all’abbandono delle aree rurali, basti pensare alle frane, smottamenti, che in ogni autunno (e non solo) si verificano. Ad esempio la sola olivicoltura di Bagno a Ripoli è abbandonata per il 60 per cento. Abbandono significa anche aumento di ungulati e selvatici che arrivano nelle colture e ormai anche nei centri abitati – conclude la Cia – senza un corretto equilibrio di flora e fauna.