L’Agenzia per la protezione dell’ambiente Usa (Epa) esclude qualsiasi pericolo per la salute umana derivante dall’utilizzo del glifosate, erbicida utilizzato particolarmente nelle tecniche di agricoltura conservativa. È il risultato del suo ultimo studio, che si schiera nuovamente a favore della sostanza, al centro, da anni, di diatribe mediatiche e giudiziarie a proposito di una sua presunta cancerogenità.
“L’agenzia ha concluso – si legge nel documento pubblicato – che non vi sono motivi di preoccupazione quanto a rischi di tipo alimentare per alcun segmento della popolazione, neanche seguendo le ipotesi più prudenziali applicate nelle valutazioni (come residui al massimo livello di tollerabilità, applicazione diretta all’acqua e trattamenti sul 100% delle colture). L’agenzia ha inoltre concluso che non sussistono rischi né di tipo residenziale, né di tipo professionale, né per gli astanti non-occupazionali”.
“La valutazione dell’agenzia statunitense – sottolinea Lodovico Giustiniani, presidente di Confagricoltura Veneto – conferma quanto sostenuto da tempo, sulla base della scienza e non del pregiudizio, dalla nostra organizzazione: riteniamo importante continuare a utilizzare questa sostanza non solo da un punto di vista economico, perché si rischierebbe di mettere in crisi numerose imprese agricole, ma anche ambientale perché l’utilizzo di prodotti fitosanitari come questo consentono non solo un efficace controllo delle infestanti, ma anche una conseguente riduzione al minimo delle pratiche di coltivazione dei terreni e delle emissioni di gas serra, preservando il suolo e permettendoci di produrre cibo per tutta la popolazione. Anche questa vicenda evidenzia come, prima di ricorrere alla demonizzazione di alcune modalità produttive, sia opportuno analizzare le questioni tenendo nella massima considerazione i pareri espressi dalla comunità scientifica internazionale”.
La posizione pro glifosate dell’Epa è solo l’ultima in ordine di tempo. Prima si erano già espresse in maniera positiva l’Efsa (European Food Safety Authority), l’Echa (European Chemicals Agency), la German BfR, il Jmpr (Joint Fao/Who Meeting on Pesticide Residues) e le autorità regolatorie di Australia, Canada, Corea, Nuova Zelanda e Giappone. Anche l’Epa si era già espresso nel merito l’anno scorso, sottolineando come procurare allarme sul potenziale cancerogeno dei prodotti contenenti questa sostanza attiva sarebbe stato “in contraddizione con la valutazione scientifica dell’agenzia” e sarebbe stata quindi “una dichiarazione falsa e fuorviante”.