“In Italia sono appena 60 gli ettari coltivati a luppolo, grazie al lavoro di circa un centinaio di aziende agricole con una superficie media di poco più di mezzo ettaro, che non bastano a coprire la richiesta di prodotto nazionale”. Lo ha detto il responsabile nazionale della filiera brassicola e presidente della Copagri Marche Giovanni Bernardini, intervenendo al convegno “Criticità e prospettive future per la luppolicoltura italiana.
“Il forte sviluppo della filiera della birra agricola fatto registrare nell’ultimo decennio ha evidenziato la necessità di riuscire ad avere dei luppoli di origine nazionale, così da dare agli agricoltori la possibilità di fregiarsi di un prodotto 100% italiano; oggi, infatti, tutte le birrerie agricole utilizzano per lo più malto italiano, ottenuto dalla coltivazione di orzo italiano, e il luppolo è rimasto l’unico ‘ingrediente’ che i produttori fanno fatica a reperire nel nostro Paese”.
“Parliamo di una delle cosiddette filiere minori, che oltre a rappresentare un vero e proprio scrigno di biodiversità e una risorsa importante per altri settori, come quello delle piante officinali, se opportunamente supportata può dare molto al primario del nostro Paese, anche in termini di reddito”, ha aggiunto Bernardini.
“Oltre a promuovere la coltivazione di luppolo, bisogna poi agevolare gli investimenti per gli impianti di produzione e per quelli per la lavorazione e la conservazione, favorendo al contempo l’aggregazione tra produttori agricoli e birrifici. È proprio sulla base di questi obiettivi che la Copagri ha promosso la costituzione del marchio Birragricola, il quale garantisce che almeno il 70% del malto utilizzato provenga dall’azienda produttrice, e del COBI, il primo Consorzio italiano di produttori dell’orzo e della birra, che opera da oltre un decennio e oggi conta oltre 150 birrifici agricoli sparsi sull’intera Penisola; il COBI riunisce gli agricoltori che oltre ad essere coltivatori di orzo sono produttori di birra agricola, facendo sì che il valore aggiunto della filiera rimanga nelle mani degli agricoltori”, ha concluso il responsabile nazionale della filiera della birra della Copagri.