di Mauro Antongiovanni – Accademia dei Georgofili
I cambiamenti climatici in atto stanno stressando i nostri animali in allevamento, in particolare i polli, con conseguenze negative sul loro benessere, stato di salute ed efficienze produttiva e riproduttiva.
Inoltre, nel tentativo di ridurre il calore prodotto nella utilizzazione metabolica dei nutrienti, i nostri polli tendono a ridurre il consumo degli alimenti, con il risultato di vedere precipitare le efficienze di conversione alimentare. I rimedi consigliati per ovviare o, per lo meno, per attenuare il danno da stress termico sono fondamentalmente due: migliorare geneticamente gli animali verso soggetti più tolleranti le alte temperature oppure agire sull’alimentazione. Il secondo rimedio è senz’altro meno efficace ma è di immediata pratica applicazione.
Ma vediamo quali sono le conseguenze comportamentali e fisio-patologiche del calore sui polli, secondo quanto riporta una nota di David Harrington e Anne Oberdorf sulla rivista on line “All About Feed” del 7 febbraio 2020.
Nella situazione di stress termico acuto aumentano i corticosteroidi, la adrenalina e la noradrenalina, con i conseguenti aumenti dell’attività muscolare, della frequenza respiratoria e della glicemia. Il cortisolo stimola la perdita di tessuto muscolare e la perossidazione dei lipidi, con formazione di malondialdeide (MDA). In più si riducono le gonadotropine e della vitellogenina, necessarie per lo sviluppo follicolare e quindi per la formazione dell’uovo. La risposta immunitaria si indebolisce. I polli non sono dotati di ghiandole sudoripare e, per questo, sono obbligati ad aumentare la frequenza respiratoria per smaltire il calore corporeo. Il risultato è che vengono immesse nell’ambiente quantità non trascurabili di anidride carbonica, il gas serra quantitativamente più importante, peraltro necessario per la formazione del carbonato di calcio del guscio delle uova. Il pH del sangue tende ad aumentare, con effetti negativi sulla attività del muscolo cardiaco e sulla densità ossea per il disequilibrio acido-base.
Anche l’ambiente intestinale ne risente. Aumenta l’intensità dei movimenti con diarrea e squilibrio elettrolitico. Aumentano la perossidazione lipidica degli enterociti e l’azione negativa dei radicali liberi. Tutto ciò porta a episodi di infiammazione della mucosa enterica. La permeabilità degli epiteli intestinali è incrementata con depressione della digeribilità ed aumento della perdita di acqua. Inoltre, si facilita il passaggio nel torrente sanguigno di tossine batteriche, antigeni e interi batteri.
La ridotta integrità intestinale permette a batteri patogeni come la Salmonella enteriditis di penetrare nei tessuti dell’animale, rendendo i prodotti della pollicoltura pericolosi per il consumatore. Le proteine protettive deputate a proteggere e riparare le cellule epiteliali fanno il possibile, ma non basta.
Limitandoci al piano alimentare, i rimedi consigliati sono: a) la somministrazione del mangime in pellet per concentrare i nutrienti della dieta; b) l’impiego di integratori antiossidanti, come le vitamine A ed E e l’aminoacido glutammina, per ridurre lo stress ossidativo e potenziare le risposte immunitarie; c) la particolare cura nel formulare la composizione aminoacidica della frazione proteica della dieta, anche per limitare il costo energetico dell’escrezione urinaria di azoto, che può disperdersi nell’ambiente sotto forma del gas serra N2O; d) l’aggiunta di additivi fitogenici polifenolici, quali gli estratti di rosmarino, timo, origano, salvia, che hanno dato risultati antiinfiammatori incoraggianti. Fra le altre cose, gli oli essenziali di queste piante hanno mostrato di stimolare la secrezione dei succhi digerenti, migliorando l’appetito e la conversione alimentare.