Il coronavirus contagia anche il latte, che registra un abbassamento dei prezzi di 4 centesimi al litro. A incidere, oltre al calo fisiologico primaverile, sono la discesa dei consumi, il rallentamento delle esportazioni di Parmigiano Reggiano, i viaggi dei trasportatori diminuiti a causa del timore di contagio e il blocco alle frontiere di molti beni alimentari made in Italy, tra cui i formaggi, per il timore di contrarre il virus.
“Siamo passati dai 42-42 centesimi di gennaio agli attuali 37-38, con cui si coprono a malapena i costi di produzione – spiega Paolo Ferrarese, presidente di Confagricoltura Verona -. Da un lato l’abbassamento è un naturale effetto del periodo, dall’altro è dovuto però al calo del prezzo di formaggi come il Parmigiano Reggiano. È abbastanza nella norma che, dopo periodi felici come quello che abbiamo vissuto fino a un mese fa, ci sia una flessione. Quello che ci auguriamo è che non ci siano tonfi pesanti conseguenti al coronavirus, perché abbiamo messo alle spalle gli anni più duri per il latte e speriamo che il momento positivo prosegua”.
Carlo Ferrarese, allevatore di Confagricoltura Verona e presidente della Cooperativa Scaligera Latte, conferma la flessione dei prezzi amplificata dalla tensione per l’epidemia: “Per ora siamo moderatamente preoccupati, perché non ci sono notizie o timori di un tracollo – sottolinea -. C’è un po’ di difficoltà nella circolazione dei camion e un calo dei consumi dei formaggi freschi, in quanto la gente sta facendo scorta di beni durevoli sull’onda delle notizie preoccupanti che piovono in questi giorni. Tutte perturbazioni che conducono a squilibri sui prezzi, anche perché chi vende il fresco non ha la possibilità di stoccare la merce e di riversarla successivamente su altri mercati”.
A completare il quadro sono gli ostacoli posti sui prodotti italiani destinati ai mercati esteri: dagli agrumi ai vini, dai formaggi al florovivaismo aumentano le segnalazioni di contratti disdettati e difficoltà poste alle frontiere. “La sicurezza dei nostri prodotti non può essere messa in alcun modo in discussione – rimarca Massimiliano Giansanti, presidente nazionale di Confagricoltura -, anche perché “non c’è alcuna evidenza che supporti il rischio di contagio associato al cibo. Perciò bisogna intervenire con la dovuta fermezza contrastando chi infanga la reputazione del Made in Italy, perché questi attacchi ingiustificati rischiano di aggravare una situazione già particolarmente difficile”.
Nel 2019 la produzione di latte in Veneto è scesa, anche se a Verona la percentuale di calo è stata del 2%, minore rispetto alle altre province. La produzione di Grana Padano dei caseifici veneti è stata in crescita, recuperando il calo del 2018 di circa il 6% e superando le 560.000 forme. L’aumento del Veneto si deve soprattutto alle province di Padova (+10%, 132.000 forme) e Verona (+14%, 95.000 forme), mentre rimane sostanzialmente stabile la leader Vicenza (+2,5%, 320.000 forme). In recupero, rispetto alle ultime tre annate, la produzione del Monte Veronese (+11%), che ha toccato quota 100.000 forme (dati Veneto Agricoltura).