“Non c’è più tempo da perdere: la Lombardia va verso la chiusura delle attività artigianali, se l’attività agromeccanica non sarà compresa fra quelle agricole in modo chiaro e definitivo, le nostre imprese non potranno lavorare almeno fino al 3 aprile. Ma se si fermano le imprese agromeccaniche, si ferma l’agricoltura. Addio ai raccolti e al Made in Italy agroalimentare”.
È un vero e proprio allarme quello che lancia Gianni Dalla Bernardina, presidente della Confederazione Agromeccanici e Agricoltori Italiani (Cai), che impone una decisione rimandata da quasi 20 anni e che si impone perentoriamente.
“Le imprese agromeccaniche – prosegue Dalla Bernardina – sono indispensabili nel processo di produzione primaria, dal momento che svolgono il 70% dei lavori agricoli e più del 95% delle operazioni di raccolta. Sarebbe ora che le istituzioni e quei sindacati agricoli che finora hanno osteggiato il riconoscimento degli agromeccanici professionali quali parte dell’agricoltura, prendano coscienza nelle prossime ore ed emanino un decreto urgente per salvare le produzioni agricole italiane”.
Non sono gli unici problemi, anche se l’inquadramento si profila come il più urgente, qualora l’emergenza Coronavirus dovesse portare alla chiusura delle attività produttive con esclusione di farmacie e alimentari.
“Gli agromeccanici sono chiamati a fornire i loro servizi alle aziende agricole, ma mancano norme specifiche per lo svolgimento dell’attività oltre a una semplificazione burocratica senza la quale sta diventando complicato persino ottenere il gasolio agricolo – afferma Cai -. Subiremmo uno stop forzato anche in questo caso. Senza raccolti, per l’agroalimentare italiano sarà un disastro”.
La Confederazione Agromeccanici e Agricoltori Italiani (Cai), raccogliendo i segnali dei territori, ha scritto al ministro delle Politiche agricole Teresa Bellanova e al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
“Servono indennizzi mirati, rinvii sulle misure del Psr e delle domande Pac concertati con l’Unione europea, politiche di innovazione e sostegno ai processi di smart-agriculture – incalza il vicepresidente di Cai, Sandro Cappellini – e serve una visione complessiva di filiera che contempli anche gli agromeccanici, responsabili delle produzioni agricole italiane, per non correre il rischio che la corsa all’innovazione e alla agricoltura di precisione nel rispetto dell’ambiente, si traduca in un buco nell’acqua. Serve che l’Europa si dimostri per una volta unita”.