Nei giorni scorsi l’Ismea ha pubblicato un report sulla domanda e l’offerta dei prodotti alimentari durante le prime 4 settimane di diffusione di Covid 19 (17 febbraio-15 marzo).
Nonostante il Sud Italia sia stato finora meno colpito dall’emergenza sanitaria legata al coronavirus, è proprio nelle regioni meridionali che si sono registrati i maggiori incrementi nell’approvvigionamento di prodotti alimentari da parte delle famiglie. Un incremento che secondo il Rapporto di Ismea arriva a sfiorare il 39%, mentre il nord del Paese non ha superato il 36%.
“A una prima lettura il dato stride con la situazione che si è creata a causa dell’epidemia e che obiettivamente non ha nessuna motivazione – afferma il professor Lorenzo Morelli, direttore del Dipartimento di Scienze e tecnologie alimentari presso la facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali all’Università Cattolica di Cremona – in realtà evidenzia un aspetto non secondario: le popolazioni del Nord Italia sono convinte che il sistema degli approvvigionamenti possa continuare a reggere, mentre quelle del Sud alimentano una maggiore sfiducia che condiziona inevitabilmente le loro decisioni”.
L’indagine rileva inoltre come tutti i consumatori intervistati si siano orientati verso alimenti a lunga conservazione, a iniziare dal latte UHT che nel periodo di riferimento ha registrato un incremento del 29% a fronte del latte fresco fermo a un più modesto +4%, senza dimenticare le carni in scatola (+63%) e addirittura le farine e le semole con un +79%.
“Una voce altrettanto significativa riportata dal Rapporto – prosegue Morelli – riguarda la difficoltà nel reperimento dei servizi, un aspetto che investe anche i laboratori di analisi come il nostro e che dovrebbe suggerire un ripensamento del concetto di filiera agroalimentare per garantire la funzionalità dei servizi accessori, senza i quali il meccanismo si inceppa e la continuità della medesima filiera potrebbe avere serie ripercussioni”.
La chiusura forzata di ristoranti e pizzerie ha inferto un duro colpo alle vendite di formaggi stagionati come i grana, che peraltro scontano una battuta d’arresto anche nella vendita al dettaglio con il Parmigiano Reggiano in costante e progressivo calo e il Grana Padano sostanzialmente stabile. “In realtà l’andamento dovrebbe essere contrario – conclude la sua analisi Morelli – Forse, in un periodo tanto particolare come quello attuale e per invogliare maggiormente il consumatore all’acquisto di queste eccellenze agroalimentari, andrebbero cambiate le modalità di proporsi sul mercato, offrendo magari anche pezzature inferiori al classico chilogrammo”.
Il documento ha analizzato tutte le filiere produttive e alla fine vengono riportati i risultati di un’indagine svolta su un campione rappresentativo di aziende agricole e della trasformazione. Tra le varie domande rivolte agli intervistati, quella relativa alle misure ritenute necessarie dal settore per superare l’emergenza del coronavirus ha visto la maggioranza delle aziende agricole, ben il 43%, favorevole all’erogazione di contributi a fondo perduto. “È esattamente quello che registriamo anche noi quotidianamente – afferma Stefano Neri, coordinatore di Consulenza Agricola, il portale di informazione online specializzato nel settore agricolo – perché gli agricoltori, come gli allevatori, hanno una visione molto pratica delle cose e della loro attività: chiedono un aiuto concreto, da ottenere con un metodo semplice per essere utilizzato in tempi brevi, mentre purtroppo sono spesso costretti a fare i conti con un sistema complicato, motivo delle loro costanti lamentele. Le difficoltà che le aziende agricole, al pari di tutti i settori produttivi, stanno attraversando e continueranno a subire a causa del coronavirus saranno pesanti, è inutile negarlo. Parallelamente però non mancheranno le opportunità, soprattutto per quegli imprenditori che sapranno coglierle e sfruttarle nonostante una ripresa che non avrà tempi rapidi. Parlare in questo periodo di opportunità può apparire fuori luogo – conclude Neri – in realtà è questo il momento per pensare a strategie di rilancio e riposizionamento sui mercati, in special modo esteri, soprattutto per un’eccellenza come l’agroalimentare italiano”.
Nella complessità di uno scenario comunque in continua evoluzione, l’appuntamento con la Fiera Internazionale del Bovino da Latte (Cremona, 28-31 ottobre 2020) a cui CremonaFiere sta lavorando alacremente, rappresenta a maggior ragione per il comparto zootecnico nazionale il più importante punto di riferimento. I giorni della rassegna sapranno imporsi anche a livello internazionale grazie al ricco programma di eventi e iniziative che si stanno delineando e che mai come quest’anno si configureranno come uno dei suoi elementi portanti.