Le condizioni climatiche primaverili non sono favorevoli neanche quest’anno ai seminativi. Se l’anno scorso le abbondanti precipitazioni di maggio avevano rallentato o impedito le operazioni di semina, quest’anno è la siccità a creare non pochi problemi agli agricoltori veronesi. Sta soffrendo, in particolare, il frumento tenero, seminato tra novembre e gennaio, e ora anche il riso, che si sta cominciando a seminare in questi giorni, ha bisogno urgente di acqua.
“In autunno le piogge incessanti avevano allagato i campi, rendendo impossibili le semine dei cereali autunno vernini, vale a dire frumento, frumento duro e orzo, che si seminano entro la fine di novembre – spiega Filippo Sussi, presidente del settore seminativi di Confagricoltura Verona -. In gennaio siamo riusciti a seminare finalmente il frumento, che sta soffrendo per la penuria d’acqua e ora abbiamo seminato quasi tutto il mais, ma si è dovuto ricorrere all’irrigazione per farlo nascere. Chi ha acqua a disposizione nei campi ha cominciato a seminare il riso, ma tanti altri sono costretti ad aspettare che piova. Ma le previsioni non dicono niente di buono, perché si prevede fino al weekend sole e caldo. Speriamo che poi non succeda come nel maggio 2019, quando iniziarono piogge torrenziali, che portarono a pesanti perdite produttive”.
Aggiunge Romualdo Caifa, presidente dei risicoltori di Confagricoltura Verona: “La semina del riso parte di solito il 20 aprile e prosegue fino al 20 maggio. Quindi abbiamo ancora margini. Chi, come me, ha iniziato le semine in asciutta sperando che piovesse ha dovuto fermarsi. Ora annunciano che la settimana prossima dovrebbe piovere. Ce lo auguriamo per poter cominciare. Poi ci auguriamo anche che piovano anche i tanto attesi soldi per gli italiani e le aziende, perché questo Covid-19 rischia di farci chiudere per povertà. Finora le vendite del riso, per chi vende nei supermercati, sono andate bene, ma non così si può dire per chi vende ai ristoranti. E quest’estate avremo anche il problema sagre, compresa la Fiera di Isola della Scala che pure, temo subirà dei contraccolpi”.
A tutto questo si aggiungono le preoccupazioni del settore molitorio legate alla contrazione di consumi di farina, causata dalla chiusura del canale Horeca in seguito all’emergenza Coronavirus. “È vero che c’è stato un grande aumento di vendite di farina, pasta e riso nella grande distribuzione, legato alla permanenza a casa della gente e alla riscoperta di pane e pizza fatti in casa – spiega Sussi -. Si tratta però di una percentuale minima e comunque riguardante solo chi vende alla grande distribuzione. Inoltre molti acquisti sono stati spinti dalla corsa a fare scorte, perciò è un effetto destinato a esaurirsi. La realtà è che il settore molitorio sta registrando una considerevole contrazione nelle vendite di farina, legata alla chiusura di ristoranti, pizzerie, bar e alberghi, accompagnata da un calo nell’export. Per ora, tuttavia, i prezzi non ne stanno risentendo e comunque le scorte del 2019 sono già state vendute. Ora ci concentriamo nella crescita e nella raccolta dei cereali, augurandoci che nel frattempo si riparta e non ci siano problemi nelle vendite”.
Per quanto riguarda il mais, Verona è la quarta provincia produttiva del Veneto con 25.400 ettari e una crescita delle superfici che l’anno scorso si è attestata su +7%. Lieve incremento (+0,4%) anche per quanto riguarda il frumento tenero, con 15.200 ettari che fanno di Verona la terza provincia del Veneto. Per quanto riguarda il riso, la città scaligera mantiene sempre il primato con 2.200 ettari, vale a dire il 90% degli investimenti del Veneto (dati 2019 di Veneto Agricoltura).