#Iorestoacasa per tanti italiani è stato l’occasione per riscoprire tradizioni gastronomiche tipicamente tricolore, come la pasta fatta a mano, o la pizza o magari il pane.
A certificare questa nuova tendenza antistress al fai da te culinario anche sui prodotti da forno, è la rilevazione dei prezzi all’ingrosso effettuata dalle Camere di Commercio ed elaborata da Unioncamere e Borsa merci telematica (BMTI): + 7% il dato delle farine a marzo rispetto febbraio, in conseguenza proprio dell’aumento delle vendite nei supermercati, +2,4% per la semola, ingrediente prezioso soprattutto per la pasta fatta in casa. Alla voglia di mettere “le mani in pasta” dei nostri connazionali, ristretti tra le mura domestiche dal Coronavirus, si deve anche l’aumento del prezzo delle uova (+4,2% rispetto a febbraio, +17,7% su base annua). L’innalzamento della domanda di farine e sfarinati per uso domestico è stata tale da compensare la pesante riduzione delle vendite destinate al sistema della ristorazione e dell’ospitalità. I prezzi di marzo di questi prodotti sono i più elevati anche rispetto allo scorso anno, con un +5,8% per la farina e un +17,8% per la semola. Già dalle prime rilevazioni di aprile, comunque l’impennata sembra rientrata, in parallelo, probabilmente, con le dispense ormai sature di tanti italiani.
La riscoperta del piacere di cucinare da parte degli italiani è andata comunque in parallelo alla crescente attenzione al costo della spesa. A dimostrarlo è il forte aumento dei prezzi all’ingrosso delle carni di pollo. Nonostante la chiusura del canale della ristorazione, la crescita delle vendite nella Grande Distribuzione, a cui soprattutto nelle prime settimane dell’emergenza sanitaria si è contrapposta un’offerta ridotta nel circuito del macellato, ha determinato un aumento dei prezzi di oltre il 30% rispetto a febbraio (+ 20% rispetto a un anno fa). Meno accentuata la crescita per la carne di tacchino (+2,6% su base mensile), e per quelle suine (+5,7%) e di vitellone (+2,1% rispetto a febbraio).
Gli effetti del lockdown nel settore della ristorazione e dell’ospitalità, con la conseguente forte contrazione della domanda di prodotti freschi, emergono con evidenza invece dal calo dei prezzi del latte spot nazionale (quello sfuso, -14% su base mensile), e di quello dei prezzi all’ingrosso dei formaggi a lunga stagionatura (-3,6%, -17,1% rispetto a un anno fa), che hanno risentito negativamente anche delle incertezze sul fronte dell’export, solo in parte compensate dalle vendite nella GDO.
Poche, invece, le variazioni per i prezzi dell’olio di oliva, mentre in ribasso sono i prezzi del burro (-4,1% su base mensile).
Scenario improntato alla stabilità per i vini (-0,2% rispetto a febbraio, tabella 2), che, soprattutto nel segmento di maggior pregio, stanno risentendo negativamente della chiusura del settore della ristorazione, solo in parte compensata dalle vendite nella GDO.