L’emergenza creata dalla pandemia ha generato, tra l’altro, uno squilibrio tra la domanda e l’offerta dei suini macellati.
I motivi vanno ricercati nella diminuzione dei volumi di capi trattati dai macelli e nella difficoltà, da parte dei macelli stessi, di collocare le cosce per la stagionatura nei vari circuiti Dop. Mercati che, causa chiusura del canale Horeca; di parte dell’export e di un certo cambio nei consumi alimentari, hanno registrato una netta flessione delle vendite del prosciutto e degli altri salumi. A oggi, dunque, esiste un riporto, in Italia, di 300.000 capi fermi negli allevamenti, in ritardo di macellazione.
«Perciò – spiega David Pontello, responsabile della Sezione suinicola di Confagricoltura Fvg – la nostra Organizzazione, ha elaborato una serie di proposte con l’obbiettivo di avviare un alleggerimento dei magazzini dello stagionato e, di conseguenza, ricreare le condizioni affinché la domanda ritorni alla normalità: apertura di un bando per distribuire agli indigenti i salumi Dop; organizzare l’ammasso delle cosce fresche; togliere dal circuito Dop una parte delle cosce fresche per produrre prosciutto cotto (per questa lavorazione, entrano in Italia circa 3-4 milioni di cosce estere al mese), integrando al macello con un contributo la perdita di valore che si viene a creare tra destinazione cotto e destinazione Dop. Queste misure, se attuate a livello nazionale, in 3-4 mesi sarebbero in grado di normalizzare la situazione. La qualità del prodotto del Friuli VG, assieme alla certificazione sanitaria di “Aujesky free” (unica regione in Italia) sono motivi ancora sufficienti perché la nostra merce mantenga un certo appeal di mercato, ma è troppo poco – aggiunge Pontello -. Sarebbe necessario affiancare a questo delle politiche di identificazione e valorizzazione dei suini friulani (che attualmente occupano solo il 10 per cento della filiera) all’interno del circuito del San Daniele. Ricordo che l’attuale disciplinare prevede che le cosce dei suini friulani devono stagionare solo a San Daniele, mentre lo stesso può approvvigionarsi su un areale molto più vasto (10 regioni). È evidente che ciò potrebbe essere discriminatorio, commercialmente parlando. Per questo motivo auspico che, in futuro, ogni prosciuttificio acquisti una maggiore quota di cosce friulane: sarebbe un premio, oltre che valore aggiunto a questa regione di cui San Daniele fa parte e visto che, la Regione stessa, destina cospicui contributi pubblici al Consorzio per la promozione del prosciutto Dop. Ma, soprattutto – conclude Pontello -, serve programmare una strategia di rilancio che parta da un drastico snellimento burocratico e prosegua con il sostegno agli investimenti legati alle innovazioni aziendali, di chi avrà ancora forza per credere in questo settore».