Sale la preoccupazione degli allevatori a causa dei prezzi del latte in caduta libera.
Una discesa iniziata in primavera, con l’emergenza Coronavirus, che non accenna a fermarsi nonostante gli appelli che già nel maggio scorso il presidente regionale degli allevatori di Confagricoltura, Fabio Curto, aveva rivolto all’industria, invitando a porre fine alle azioni speculative che avevano causato il crollo del prezzo da 40 a 36 centesimi al litro.
Oggi il quadro è ulteriormente peggiorato, perché il latte viene pagato ai produttori dai 34 ai 35 centesimi al litro. “Vogliamo dare voce non solo alla preoccupazione, ma anche alla rabbia di chi si vede pagare compensi così bassi a fronte di costi di produzione superiori ai 40 centesimi – sottolinea Paolo Ferrarese, presidente di Confagricoltura Verona e allevatore -. Produrre latte è faticoso e costoso, l’allevatore rinuncia a una vita normale per dedicarsi al benessere degli animali e lo fa in un Paese come il nostro, dove i costi di produzione sono molto diversi da quelli del Nord Europa. Ricordiamo, non senza nostalgia, un tempo lontano dove il prezzo del latte lo si fissava a livello regionale con una trattativa fra le parti, partendo dai costi di produzione alla stalla. Un sistema che oggi non viene più riproposto in base alla miope idea che il prezzo deve essere fissato dall’incontro fra la domanda e l’offerta. Peccato che in questo modo si finisca soggetti a speculazioni d’ogni genere. Occorre trovare una via intermedia fra la vecchia trattativa regionale e il mercato globalizzato senza regole. Occorrono dei correttivi affinché i prezzi dei prodotti agricoli, e quindi anche il latte, possano dare a chi produce una giusta remunerazione”.
Flavio Furlani, allevatore veronese e referente nazionale degli allevatori di Cia – Agricoltori Italiani, conferma l’andamento negativo: “I prezzi a livello europeo sono scesi rispetto all’anno scorso di 8 centesimi al litro – spiega -, ma il dato paradossale è che il prezzo del latte tedesco è superiore a quello del latte italiano, il che avviene molto raramente e in periodi di grande speculazione. E che ci sia chi ci marcia sulle difficoltà dell’emergenza Covid non ci sono dubbi, dal momento che le esportazioni stanno tenendo bene, soprattutto per quanto riguarda il Parmigiano e i formaggi stagionati, e che grandi quote di latte invendute non ce ne sono. E’ vero che è andato in crisi il settore dei formaggi freschi e delle mozzarelle, a causa del calo di arrivi di turisti stranieri, ma c’è chi se ne approfitta, come alcune industrie del settore lattiero caseario, che mettono in ginocchio le aziende pagando prezzi stracciati. Poi però nei supermercati la merce non viene venduta con lo sconto, anzi: il costo di parecchi articoli è addirittura aumentato. Quindi c’è qualcosa che non torna. Il fatto è che sotto i 40 centesimi le aziende non guadagnano e ci rimettono. E se si indebitano, non riescono più a investire e innovare, ma tagliano e alla fine saltano. Finirà così che dipenderemo sempre di più dal mercato estero, che farà il bello e il cattivo tempo sul mercato”.