“Quello che diciamo da tempo è stato documentato molto bene in un servizio andato in onda su una rubrica di Rai Tre.
In sintesi viene denunciato la differenza di prezzo tra prodotti agricoli alla produzione e quelli al consumo, una forbice tanto ampia quanto il valore che si trattiene la grande distribuzione rispetto a ciò che percepiscono i coltivatori”.
A rimarcarlo è Cristiano Fini, presidente di Cia – Agricoltori Italiani dell’Emilia Romagna che nel segnalare l’efficacia mediatica del servizio giornalistico ricorda quanto siano sottopagati gli agricoltori e i loro sforzi nel produrre “e produrre qualità – osserva -. Se la Gdo è un ‘alleato’ nel distribuire grandi volumi di ortofrutta e produzioni alimentari in genere – dice Fini – è altrettanto vero che il nostro ‘made in Italy’, Emilia Romagna in testa, è spesso sottopagato e oggetto di ‘svendite o sottocosto che sono sulle spalle dei produttori. Non si può scaricare tutto sull’anello più debole della filiera che paga, peraltro, lo scotto di essere ancora troppo frammentata e incidere scarsamente sul piano contrattuale.
La Gdo espone e vende le nostre eccellenze, portandole sulle tavole dei consumatori italiani e cercando giustamente di calmierare i prezzi, ma non si pone il problema della scarsa remunerazione dei produttori e questo ritengo sia un grave errore strategico – insiste Fini – perché se chiudono le aziende agricole non riuscirà a reperire i prodotti italiani che hanno requisiti qualitativi e di salubrità nettamente superiori ai medesimi prodotti all’estero. Come sempre, poi, sollecitiamo e ci adoperiamo per trovare forme di aggregazione in grado gestire al meglio la produzione, un’arma che potrebbe attenuare la smisurata forbice dei prezzi”. Fini ricorda l’impegno degli agricoltori nel garantire le derrate alimentari durante la pandemia, uno sforzo innegabile anche ad opera della distribuzione che deve ottenere risultati economici in quanto impresa. “Auspichiamo -conclude Fini – che la Gdo commercializzi prodotti nazionali in modo tale da sostenere le imprese agricole, sempre in prima linea durante la pandemia, limitando le vendite sottocosto e, al contrario, che valorizzino le produzioni locali”.
Informazione pubblicitaria