Girando per il Belpaese non c’è angolo che riservi qualche sorpresa gastronomica e culinaria.
L’ultima sorpresa me l’ha riservata la terra Emiliana: seduto ad un bar ordino un bicchiere di Gutturnio frizzante che viene gentilmente accompagnato da un piattino con un salume adagiato su delle fette di pane fresco. All’assaggio il palato si apre su un gusto morbido e profumato, seguito dalla dolcezza del grasso che rende goloso il boccone, la gola ne reclama subito un altro. Esclamo: “Ma che buono il culatello!” Vengo immediatamente redarguito. Mi viene fatto notare che trattasi di culaccia o culatta, un salume a metà strada tra culatello e prosciutto. Facciamo chiarezza.
Partendo dall’alto trono: il Culatello di Zibello DOP (link Consorzio di tutela). Sottoposto ad un rigido disciplinare, può essere prodotto in una zona circoscritta della provincia di Parma, tra i mesi di ottobre e novembre quando nebbie e freddo diventano protagoniste incontrastate della Bassa. Viene utilizzata la coscia di maiali pesanti, italiani ed allevati con metodi tradizionali, poi decotennata e disossata, fino ad ottenere il cuore più prezioso di questo taglio che dopo una decina di giorni di salatura troverà dimora nella vescica del suino, dove sarà legato e poi appeso a stagionare per una media di quattordici mesi per pezzo. Al naso profuma di rose e di sottobosco, al gusto è dolce, deciso e inconfondibile. La massima espressione della territorialità, una combinazione unica di cultura, antichi saperi e genius loci.
FOTO DI CULATELLO DI ZIBELLO DOP A CURA DEL CONSORZIO DI TUTELA
E la nostra Culaccia? Intanto chiariamo che Culaccia e culatta sono lo stesso salume, Culaccia è il nome usato dall’azienda che l’ha inventato e ne detiene legalmente il marchio, culatta è il nome che usano tutti gli altri produttori per poterla commercializzare. Cosa la differenzia dal culatello? Prima di tutto il prezzo, nettamente inferiore a quello del culatello, a prima vista le somiglianze sono tante, confonderli è più facile di quanto sembri. Non esiste un disciplinare vero e proprio, viene prodotta nelle province di Parma e di Piacenza utilizzando le cosce di suini nazionali di alta qualità, la parte utilizzata è sempre quella posteriore, privata del gambo ed interamente disossata; quindi rimangono: i muscoli, la cotenna, importantissima, e l’anchetta (un piccolo osso a forma di conchiglia), il tutto sarà sapientemente legato a mano, salato, speziato e massaggiato.
Dopo un breve riposo in cella frigorifera per assorbire la salatura viene ripulito, sugnato per mantenere la carne morbida, e posto in celle di stagionatura da un minimo di 12 ad un massimo di 18 mesi. Come dicevo in apertura il profumo è rotondo, pieno, direi più borghese rispetto all’aristocratico culatello, il gusto è avvolgente ed il grasso sciogliendosi in bocca aiuta a mangiarne un’altra fetta. L’espressione innovativa di vecchie sapienze in una terra che non smette mai di stupire il palato.