La Convenzione 2020 è stata presentata da AGEA ai CAA con ritardo (a fine gennaio di quest’anno) ma non è stato il ritardo a preoccupare, quanto piuttosto il contenuto della bozza di Convenzione, nella quale si prevedeva che, nell’arco di pochi mesi -e comunque entro l’anno 2020- tutti gli operatori dei CAA e così pure chi accede ai sistemi informativi di AGEA dovesse obbligatoriamente essere un lavoratore dipendente del CAA o delle società con esso convenzionate (cioè le “società di servizio”, tipicamente dei sindacati agricoli).
Una disposizione che avrebbe avuto come effetto la chiusura e messa in liquidazione dei CAA dei liberi professionisti e l’interruzione dei rapporti lavorativi dei professionisti che collaborano con i CAA, provocando la chiusura di centinaia di studi professionali ed il depauperamento del reddito di un numero assai più elevato di liberi professionisti.
A sottolinearlo è una nota stampa del Collegio nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati che contesta la possibilità di estromettere i liberi professionisti dal sistema dei Caa.
La premessa – AGEA-Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, è il principale soggetto erogatore di contributi pubblici al sistema delle imprese agricole. Coordina l’attività degli OPR-Organismi Pagatori Regioni e rappresenta l’Italia nei rapporti con l’Unione Europea.
Per i suoi compiti AGEA si avvale, fra l’altro, dei CAA-Centri di Assistenza Agricola presso i quali le imprese agricole debbono necessariamente recarsi per presentare le domande di ammissione ai contributi pubblici.
I CAA, per poter prestare la propria attività, debbono ogni anno sottoscrivere una “Convenzione” con AGEA che ne regola i rapporti: senza la Convenzione un CAA non può operare.
Si trattava – dice il Collegio degli Agrotecnici – indubbiamente di una aggressione senza precedenti ai liberi professionisti del settore agrario.
Che poi la pretesa di AGEA fosse all’evidenza illegittima è confermato dal contrasto con l’art. 4 della Costituzione, che tutela il diritto al lavoro:
“La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.”) dunque, se una persona ha scelto di rendere la propria attività come libero professionista, nel rispetto della legge, non può essere impedito o coercito nella propria realizzazione personale e lavorativa.
Inoltre la pretesa di AGEA si pone in conflitto con le stesse norme che regolano il funzionamento dell’Agenzia.
L’art. 7 del DM 27 marzo 2008 relativo alla “Riforma dei Centri Autorizzati di Assistenza Agricola” infatti, nell’indicare i requisiti che un CAA deve possedere, prevede che: “Per l’esercizio delle proprie attività il CAA e le società di cui esso si avvale devono operare attraverso dipendenti o collaboratori con comprovata esperienza ed affidabilità nella prestazione di attività di consulenza in materia agricola e per i quali adempiano agli obblighi di natura lavoristica, fiscale, previdenziale, assistenziale ed assicurativa.”
Dunque quello che il Decreto ministeriale consente a un CAA (organizzare la propria attività valendosi, alternativamente o congiuntamente, di dipendenti oppure di collaboratori) AGEA voleva disconoscere.
Considerato che l’obbligo di operare esclusivamente a mezzo di dipendenti avrebbe avuto l’immediato effetto di imporre la chiusura dei CAA dei professionisti di obbligare i singoli professionisti a cessare ogni attività al riguardo (anche di collaborazione con le organizzazioni sindacali di settore) il Presidente del Collegio Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati, Roberto ORLANDI, scriveva immediatamente al Direttore di AGEA, Gabriele Papa Pagliardini (a questo link https://www.agrotecnici.it/ordini_in_campo_difesa_professione.htm la lettera degli Agrotecnici), chiedendogli anche un incontro: di fronte al sostanziale rifiuto di svolgerlo venivano svolte molte altre iniziative di pubblica denuncia oltrechè di sensibilizzazione nei confronti di Governo e Parlamento.
La dura reazione dell’Albo degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati (a cui si aggiungevano quelle dei Dottori Agronomi e Forestali e dei Periti agrari, che firmavano anche un documento congiunto, disponibile al link https://www.agrotecnici.it/news/AGEA_2020_Proposte_Albi.pdf) impediva ad AGEA di proseguire nel suo tentativo di “eliminazione” dei libri professionisti dal settore di lavoro dei CAA; dopo la presentazione della “proposta congiunta” di modifica della bozza di “Convenzione” da parte degli Ordini professionali agrari (presentata ad AGEA il 18 maggio 2020) questi ultimi sono rimasti in attesa della risposta del Direttore PAPA PAGLIARDINI.
Risposta che non è mai arrivata, ulteriore sgarbo istituzionale a chi rappresenta quasi 50.000 professionisti.
E dopo un silenzio lungo tutta l’estate, senza alcuna nuova convocazione degli Ordini professionali, nei giorni scorsi AGEA ha reso nota (ma senza ancora inviarla nemmeno agli stessi CAA che dovranno firmarla) la “nuova” Convenzione 2020 (diventata anche “2021”) che ripropone lo stesso meccanismo di espulsione dei liberi professionisti iscritti in Albi già proposto nel gennaio di quest’anno.
Cambiano solo le date dell’epurazione, che dovrà avvenire entro il 31 marzo 2021 “per almeno la metà dei soggetti” e completarsi definitivamente entro il 30 settembre successivo.
“L’accanimento di AGEA e del suo Direttore nei confronti dei liberi professionisti è strabiliante – ha dichiarato Roberto Orlandi, Presidente degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati -. Dal momento che, com’è ovvio, nessuna norma lo impone ed il buon senso lo nega o siamo in presenza di una campagna di “odio sociale” verso i lavoratori autonomi oppure i motivi sono altri, al momento non dichiarati od indichiarabili.
Stupisce, e personalmente mi addolora, il silenzio della Ministra dell’Agricoltura (soggetto che vigila AGEA) Teresa Bellanova, che in gioventù ha patito sulla propria pelle la discriminazione per far valere i diritti dei lavoratori e che adesso lascia 2.000 liberi professionisti, colpevoli solo di saper lavorare meglio dei loro concorrenti CAA dei non professionisti e sindacali), vittime di un odioso sopruso.”
Per certo gli Agrotecnici non lasceranno nulla di intentato per impedirlo, con l’auspicio che -come avvenuto nei mesi scorsi- anche gli altri Albi professionali agrari facciano altrettanto.
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