Figlio di un meccanico, pastore per scelta di vita. E per passione dei luoghi in cui è nato e vissuto.
È una storia emozionante quella di Giambattista Pernechele, detto Tita, giovane di Lusiana che a 27 anni (oggi ne ha 30), con la maturità agraria in tasca, ha compiuto una scelta contro tutto e contro tutti: fare la “vita ramenga” del pastore sull’Altopiano di Asiago, in una transumanza permanente a capo di un branco centinaia di pecore, capre, asini e cani. Una storia raccontata dal fotografo thienese Gigi Abriani nel libro Vita Ramenga, percorso di immagini e parole che osserva dall’interno il lavoro del pastore, condividendone emozioni, tensioni e tradizioni.
L’opera, realizzata con il contributo di Confagricoltura Vicenza e con il patrocinio dei sette Comuni dell’Altopiano, è la testimonianza di un mondo che sta scomparendo, sconosciuto ai contemporanei. Foto spettacolari, che mostrano la vita dura e fuori dal tempo dei pastori ma anche la bellezza dell’ Altopiano con i suoi percorsi naturalistici meravigliosi, come quello da Gallio a Campo Gallina, e i tanti resti che ricordano un passato lontano ma ancora presente nella memoria: la Grande Guerra, i giovani soldati, le insegne austriache, i dormitori, i morti. E poi le ferite della tempesta Vaia, che ha spazzato via interi boschi dell’Altopiano. Il libro sarà in distribuzione in tutte le librerie del Veneto e nei negozi Artefoto a Lugo di Vicenza e Lusiana.
“Questo libro fotografa una realtà rurale che è stata molto importante per l’Altopiano di Asiago – sottolinea Enrico Pizzolo, presidente di Confagricoltura Vicenza -, un’attività che sta andando lentamente a scomparire anche se Giambattista Pernechele, che è un nostro associato, testimonia la voglia dei giovani di riprendere in mano mestieri antichi come quello del pastore. Come ricorda nella prefazione del libro il veterinario Orlando Frison, nel dopoguerra l’Altopiano di Asiago ospitava migliaia di pecore e paesi come Foza, Gallio, Stoner di Enego erano abitati da famiglie storiche di pastori che in autunno scendevano verso la pianura. Oggi non è più così, ma le pecore, animali che possono pascolare sia in alta quota che in pianura, hanno ancora un grande valore dal punto di vista ambientale, perché brucando l’erba tengono pulita la montagna e i dirupi. Il mestiere del pastore avrebbe però bisogno di un maggiore sostegno, perché la redditività è sempre più bassa”.
Vita Ramenga è la terza opera di Abriani, già autore di ricerche fotografiche che lo hanno portato a pubblicare nel 2017 Luce nel silenzio, opera ambientata sull’Altopiano di Asiago nei luoghi della Grande Guerra, e nel 2018 Sentieri nella Notte, foto del monte Pasubio e della strada delle 52 gallerie. “Questo progetto è stato molto emozionante – racconta – perché mi ha portato a vivere, per 18 mesi, accanto al baio Tita e alle sue pecore, alzandomi all’alba e dormendo in una tenda accanto alla mia jeep. L’ho seguito nei suoi spostamenti, dall’alta montagna in estate alle quote più basse in autunno e inverno, cercando di capire perché questo ragazzone dalla barba nera e dal viso buono, con la canottiera in lana e due scarponi enormi, avesse scelto di vivere esposto al freddo, al sole, alla neve, alla pioggia che ti penetra nelle ossa. Ho capito che lui, e altri giovani che stanno scegliendo questo lavoro, vogliono ritrovare i ritmi della natura e il ciclo della vita che abbiamo perduto con la vita frenetica e iperconnessa di oggi. I miei scatti e il mio taccuino hanno catturato da dentro questo universo, con un messaggio implicito a riconsiderare questo mestiere, sempre più emarginato dal mondo contemporaneo, ma che è ecologicamente e ambientalmente sostenibile e assume un ruolo importante nella gestione del paesaggio e del territorio. Un’utilità per la comunità intera che va sostenuta”.
Centinaia di scatti fotografano tanti momenti della vita quotidiana: dalla risalita del fiume Astico alla salita verso malga Malagò, dalla tosatura alla cena alla Busa del Molton, dall’alpeggio a Casara Trentin al parto di una pecora, dall’agnellino rifiutato dalla mamma all’asino sbranato dal lupo. Tra gli appunti e le storie narrate da Abriani c’è anche una mini guida alla lingua segreta dei pastori, usata per difendersi dagli estranei e sopravvivere. “Non è cosa semplice misurarsi ogni giorno con sé stessi quando devi stare spesso in solitudine nella vastità dei pascoli e dei cieli – scrive il professor Giuseppe Rubini nella prefazione, affidata anche al veterinario Orlando Frison e a Emilio Pastore, esperto nazionale di razze ovine e di pastorizia -. Non è affatto facile compiere gesti che sanno di antico, ma che devono essere totalmente tuoi se vuoi che il gregge ti riconosca e ti segua”.