Dopo 4 anni di negoziati fra Europa e Regno Unito è stato raggiunto in extremis un accordo che è un regalo di Natale a tutto il settore agroalimentare del Made in Italy, che potrà così continuare a esportare senza dazi o quote nel suo quarto mercato di sbocco commerciale, per un valore complessivo di 3,4 miliardi di euro.
Secondo Cia-Agricoltori Italiani occorre, adesso, mantenere una stretta vigilanza sulla governance dell’accordo per evitare danni futuri alla libera e leale concorrenza. Questo risultato tanto atteso ha, infatti, evitato una rottura che avrebbe determinato ripercussioni economiche drammatiche, ma è solo un “primo passo” nella costruzione di un nuovo sistema di relazioni fra l’economia europea e quella della Gran Bretagna, ormai Paese terzo a tutti gli effetti, con conseguenze sulla libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali. Secondo Cia occorrerà una stretta sorveglianza sul cosiddetto level playing field (la parità di condizioni sulla concorrenza), per fare in modo che Londra possa sì discostarsi dalla regolamentazione europea, ma senza il rischio di una concorrenza sleale alle aziende europee in merito agli aiuti di Stato e alle normative in campo fitosanitario e ambientale.
L’accordo raggiunto rappresenta per Cia una boccata d’ossigeno per il Made in Italy agroalimentare, specialmente in questa lunga fase pandemica con pesanti ricadute sul fronte della crescita economica. Un “no deal” avrebbe determinato barriere tariffarie, minore domanda interna nel mercato inglese e il deprezzamento della sterlina, penalizzando i prodotti italiani più venduti nel Regno Unito. In primis il vino, che rappresenta il 24% del totale delle esportazioni agroalimentari Oltremanica, con un fatturato superiore a 830 milioni di euro. Di assoluto rilievo anche il nostro export di ortofrutta trasformata (13%) e ortofrutta fresca (6%), così come dei prodotti da forno e farinacei (11%) e dei prodotti lattiero-caseari (9%).Hanno un forte impatto su questo primato i prodotti a indicazione geografica protetta (Igp), che incidono per oltre il 30% sulle nostre esportazioni verso Londra e che grazie all’accordo commerciale raggiunto continueranno a essere riconosciute e tutelate in territorio britannico.