Cimiteri scorie nucleari incompatibili con l’agricoltura di qualità. Da Nord a Sud un coro di NO

Una protesta unica, continua, da Nord a Sud contro la previsione di realizzare cimiteri radioattivi in aree di pregio paesaggistico e di produzioni agricole di assoluta eccellenza.

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Luca Brunelli, presidente Cia Agricoltori Italiani della Toscana, sulla proposta prevista dalla Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) pubblicata sul sito della Sogin e che individua a cavallo del comuni di Pienza e Trequanda (Siena) e Campagnatico (Gr) come siti idonei allo smaltimenti di scorie nucleari. «E’ una eventualità assolutamente inaccettabile ed improponibile – ha detto Brunelli -. Ci opporremo con qualunque mezzo e in qualunque sede per difendere il territorio toscano dalla minaccia di due siti di scorie nucleari. Sono territori, quello fra la Val d’Orcia e la Valdichiana e l’area di Campagnatico, a forte vocazione agricola e paesaggistica, dove l’agricoltura di qualità, insieme al turismo, rappresenta un valore economico e sociale assoluto. Chiediamo un incontro urgente con il presidente della Regione Toscana e con gli assessori all’agricoltura e all’ambiente, con il Ministero delle politiche agricole, e con il Ministero dell’Ambiente. Non c’è spazio per scenari di questo genere che andrebbero a vanificare decenni di politiche volte all’agricoltura di qualità e alla sostenibilità ambientale. L’anno nuovo inizia proprio male: il Ministero dell’Ambiente invece di risolvere l’annoso problema del sovrannumero degli ungulati e degli animali selvatici, ci “regala” due siti di scorie nucleari. Ci attendiamo un rapido dietrofront».

Sarebbe di immenso impatto – Cia Alessandria esprime forte preoccupazione a seguito del documento emanato oggi dal Sogin, approvato dai Ministeri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente, che elenca le aree potenzialmente idonee ad ospitare il Deposito nazionale dei rifiuti nucleari. La provincia di Alessandria è fortemente coinvolta nel progetto con oltre mille ettari ipotizzati per la costruzione delle strutture, insieme alla provincia di Torino.

Spiegano il presidente Cia Alessandria Gian Piero Ameglio e il direttore Paolo Viarenghi: “Siamo perplessi sulle modalità di realizzazione del progetto: le Organizzazioni agricole non sono state coinvolte nella sua stesura e apprendiamo a cose fatte le prime informazioni, che risultano essere ancora poco esaustive. Seguirà nelle prossime settimane la fase di consultazione, in cui esprimeremo la nostra forte preoccupazione sull’impatto che questo progetto avrà sull’agricoltura del nostro territorio, ricca di terreni a vocazione orticola e cerealicola nelle zone prese in esame. Le produzioni di qualità non potranno essere ritenute tali, in futuro, se coltivate accanto a scorie nucleari. Questo avrebbe conseguenze gravissime sull’economia del nostro territorio”.

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BASILICATA, 17 ANNI DOPO SCANZANO LA STORIA SI RIPETE – come in occasione della “grande mobilitazione popolare di Scanzano Jonico” gli imprenditori agricoli, da “custodi del territorio”, sono pronti a difendere gli interessi delle nostre comunità, delle nostre attività produttive e del nostro settore primario. Ad affermarlo sono i presidenti di Cia-Agricoltori Potenza e Matera Lorusso e Stasi sottolineando che nella mappa delle aree individuate e considerate “potenzialmente idonee” ad ospitare il Deposito unico nazionale di rifiuti radioattivi figurano zone a produzione agricola di qualità come lo sono Genzano, Irsina, Acerenza, Oppido Lucano, Bernalda, Montalbano, Montescaglioso. C’è poi la ancora di più incomprensibile individuazione del territorio di Matera che oltre ad essere il “simbolo” della cultura europea per noi – aggiungono i presidenti della Cia – è da sempre il “simbolo” della storia del movimento contadino lucano. A quegli stessi territori ben altra destinazione e ben altri obiettivi abbiamo come Cia individuato e proposto attraverso il nostro documento “Il Paese-la Basilicata che vogliamo” che contiene anche indicazioni prioritarie per la ripresa dalla fase di crisi provocata dalla pandemia. Ci battiamo contro il consumo del suolo partendo dalla messa in sicurezza dei territori più a rischio e da un’attenta programmazione per il futuro, a cominciare dalle aree interne sino a programmare urgenti e reali politiche di governance del territorio: dallo sviluppo di verde urbano e bioedilizia alla valorizzazione del presidio degli agricoltori, lavorando per contrastare l’abbandono e lo spopolamento delle aree rurali e marginali, e salvaguardando il patrimonio boschivo. Il territorio “agrario” e cioè quello che rimane ad oggi ancora allo stato “naturale” o semi-naturale costituisce anche gran parte del patrimonio paesaggistico e denota una forte identità lucana fatta di usi, costumi, tradizioni, culture del paesaggio italiano. Questo territorio – concludono Lorusso e Stasi – convive con una delle maggiori risorse nazionali che è il turismo: agricoltura di qualità e turismo culturale, non standardizzato o di massa, costituiscono un potenziale enorme per il nostro Paese se concepite in una logica di sistema e sono completamente inconciliabili con ipotesi scellerate come quella del sito di scorie nucleari.

Sardegna, Coldiretti dice NO – In Sardegna è prevista l localizzazione di 14 aree per il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e il Parco Tecnologico.

“Oltre a un percorso chiaro e alla luce del sole – dice il presidente di Coldiretti Cagliari Giorgio Demurtas – riteniamo di vitale importanza come presupposto, così come chiesto alla Giunta Regionale nelle nostre proposte per la riforma Urbanistica, la scelta di tutelare la vocazione agricola dei territori in un Paese come l’Italia e quindi come la Sardegna che si fregiano dell’agricoltura più green d’Europa. È assurdo solo pensare di macchiare territori ad alta vocazione agricola e magari anche certificati bio”.

La Sardegna, infatti, è al settimo posto nella classifica delle Regioni italiane bio (l’Italia è leader nel biologico oltre ad aver il primato mondiale della sicurezza alimentare), conta circa 2mila aziende e oltre 120mila ettari certificati bio. Il totale della superficie biologica in Italia sfiora i 2 milioni di ettari che rappresentano il 15,8% della Superficie Agricola Utilizzata (SAU), posizionandola, cosi come la Sardegna – che registra oltre il 10% – al di sopra della media UE, che nel 2018 si attestava all’8%, e a quella dei principali Paesi produttori come Spagna (10,1%), Germania (9,07%) e Francia (8,06%).

 

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