Perché un agricoltore dovrebbe essere oggi un conservatore?
La domanda se la pone proprio un agricoltore, Giuseppe Corrado, frutticoltore di Nova Siri (Mt). Ecco il suo intervento
Credo proprio di No! Oggi l’agricoltore dovrebbe spingere per riformare e non per conservare. Anche se la storia ha riservato loro nei secoli sempre il posto di conservatori. In passato le regole commerciali non andavano oltre gli stati di appartenenza, oppure erano regolate da politiche di dazi in caso d’importazioni. In tal modo, era gioco forza che l’approvvigionamento di cibo fosse un’attività realizzata in esclusiva dagli agricoltori locali. Questo si è verificato fino a dopo la metà del Novecento.
Oggi con la globalizzazione e con politiche che favoriscono la grande finanza, la GDO ed i titolari brevetti. Questi ultimi in particolare impongono oltre alle Royalty, pure il diritto alla commercializzazione del prodotto. Oggi, paradossalmente, c’è una situazione capovolta rispetto all’Ottocento, quando a non avere diritti, ma solo doveri, erano le forze-bracciantili o i fittavoli. Oggi quello che avveniva nell’800, avviene grosso modo per gli agricoltori che sono senza diritti e con solo doveri.
Ecco perché un agricoltore dovrebbe guardare verso politiche “progressiste”, se non vuol essere vittima di chi detiene e controlla la commercializzazione e il diritto di coltivazione. Pagare la merce ampiamente sottocosto o imporre diritti di commercializzazione a chi coltiva una pianta con royalty, riporta ad un medioevo mascherato ed ancora più subdolo, Infatti ti lasciano formalmente proprietari, ma con il controllo economico delle aziende agricole. Certo, molti agricoltori oggi fanno fatica a guardare verso politiche progressiste, essendo stati per secoli dall’altra parte.
Mi chiedo se convenga stare dalla stessa parte di chi controlla, oltre al tuo portafoglio anche l’anima. Mi pare temerario. Il “caporalato” è il frutto amaro di merce sottopagata, di cui la Gdo o chi impone diritti di commercializzazione porta le responsabilità morali.