VENEZIA – L’agricoltura veneta punta su nuove strategie di sviluppo per far fronte alla crisi economica causata dalla pandemia, che si aggiunge alle problematiche conseguenti ai cambiamenti climatici.
Di qui la necessità di applicare nuove soluzioni assistite da biotecnologie e da tecnologie di precisione e di gestione di dati e informazioni, che permettano di garantire la produttività delle colture e di migliorare le proprietà funzionali degli alimenti, così come la competitività delle aziende, riducendo i costi di produzione e limitando l’impatto ambientale.
È l’obiettivo che si pone il progetto L’agricoltura del futuro e gli alimenti funzionali: una sfida per la ricerca e il rilancio del territorio veneto, del bando “Sostegno a progetti di ricerca e sviluppo realizzati dalle Reti innovative regionali e dai distretti industriali” promosso dalla Regione Veneto nell’ambito delle iniziative messe in atto per contrastare gli effetti della crisi causata dalla pandemia, lanciato dalla Rete regionale innovativa del settore primario Innosap, che ha sede a Monteforte d’Alpone, riconosciuta dalla Regione Veneto, capofila del progetto insieme a Ribest-Nest e dal Distretto Ittico di Chioggia. Una Rete e progetto nati dalla spinta all’innovazione di più di cento tra piccole, medie e grandi imprese del settore agrifood ma anche dell’indotto, come aziende chimiche, fornitori di tecnologie e produttori di macchine e impianti. Coinvolte Confagricoltura Veneto, le Università di Verona (dipartimenti di biotecnologie e informatica), Padova (dipartimenti Dafnae, Tesaf, biologia, Bca e scienze biomediche) e Venezia (Scienze molecolari e nanosistemi) e i centri di ricerca del Cnr.
Il progetto, approvato dalla Regione nel settembre scorso, è della durata di 27 mesi e muove dalla necessità di sostenere il reddito d’impresa e la competitività del sistema produttivo alla luce dell’attuale emergenza sanitaria ed economica legata al Covid, che ha dettato anche l’urgenza di adottare nuovi stili di vita più rispettosi della sicurezza, dell’igiene e della salute pubblica. Tre le linee di ricerca che riguardano specificatamente la produzione primaria: il miglioramento della produzione olivicola, l’innovazione di prodotto e processo nella filiera ortoflorovivaistica e la serra veneta 4.0, con l’ingresso dell’elettrificazione e della digitalizzazione. C’è poi un secondo fronte di ricerca riguardante gli alimenti funzionali, che potrebbero cioè migliorare la risposta immunitaria, e parte dallo studio del microbiota intestinale di alcuni animali nell’assorbimento del cibo. L’obiettivo è di individuare cibi ricchi di proteine e fibre, affiancando la dieta con integratori formulati su evidenze scientifiche. In sintesi, una ricerca di nuove materie prime e di prodotti finiti mirati alla salute e al benessere, nel segno della sostenibilità ambientale.
“La Rete Innosap aggrega aziende interessate allo sviluppo dell’agricoltura sostenibile e di precisione, al miglioramento della resilienza della vite, dell’olivo, delle specie ortofrutticole e delle produzioni di qualità del settore lattiero caseario – sottolinea Stefano Marabotto, coordinatore della Rir Innosap -.L’interazione tra una molteplicità di attori, privati e pubblici, consente di raggiungere target altrimenti non ottenibili dai singoli partner. Combinando, infatti, tecnologie afferenti a comparti diversi, in particolare le biotecnologie e le tecnologie diagnostiche, si possono produrre risultati innovativi per i settori tradizionali. Puntiamo, ad esempio, a realizzare un prototipo di mezzi elettrificati che possano entrare nei tunnel per eseguire i trattamenti, che potrebbero ovviare alla mancanza di personale causata dalla pandemia. Ma pensiamo anche a sensori per la raccolta di dati morfo-fisiologici, chimici e genetico-molecolari. Lo scopo è quello di studiare l’impatto dei cambiamenti climatici sulla fenologia, produttività e qualità delle produzioni vegetali di specie ortofrutticole, ma anche quello sulle piante medicinali-officinali per lo sviluppo di piani di nutrizione e irrigazione. Inoltre vorremmo individuare metodi di difesa a basso impatto ambientale finalizzati al miglioramento delle proprietà delle colture, delle materie prime e della loro sostenibilità ambientale”.
Gianni Barcaccia, professore ordinario di Genetica all’Università di Padova, è coordinatore del progetto per gli atenei di Verona, Padova e Venezia. “Il progetto è incentrato sulla ricerca industriale ed è perciò caratterizzato da una forte connotazione applicativa, e prevede lo studio e l’uso di soluzioni innovative per un aumento della sostenibilità e competitività, e delle proprietà nutraceutiche delle produzioni vegetali venete. Il comparto agrifood è strategico per il Paese e per la nostra Regione, e le soluzioni smart proposte possono contribuire al miglioramento della produzione primaria. Da non sottovalutare, inoltre, che la comunità scientifica internazionale ha dimostrato chiaramente quanto l’alimentazione sia in grado di influenzare la salute e il benessere umano, condizionandone il microbiota con effetti diretti anche sul sistema immunitario. Le linee di ricerca sono ben definite e inserite in una rete integrata e strutturata che vede la partecipazione di aziende produttive leader del territorio regionale. Gli obiettivi sono operativi, giacché il know-how necessario per le soluzioni ai problemi segnalati dai produttori è disponibile nei centri di ricerca. Da parte nostra è stato già fatto un notevole sforzo rimodulando il progetto da 36 a 24 mesi e prevedendo risultati intermedi a brevissimo termine (8-12 mesi), compatibilmente con la necessità di dover comunque disporre della stagione produttiva, che per le piante agroalimentari è strettamente connessa al decorso stagionale”.
Aggiunge Mario Pezzotti, ordinario di Genetica Agraria dell’Università di Verona: “La pandemia da Covid ha fatto ben percepire al comparto agricolo l’importanza della produzione primaria. Disporre di una produzione primaria sostenibile e salubre è un obiettivo irrinunciabile. La capacità di sviluppare catene di produzione e di distribuzione degli alimenti è di fondamentale importanza in un Paese come il nostro, che può avere la necessità di importare prodotti. Quindi parliamo di crescita del cibo sano e sostenibile nel prossimo futuro e il progetto va in questa direzione: nella realizzazione di tecnologie e studi per la produzione sostenibile e salubre”.
Confagricoltura partecipa alla rete con parecchie aziende. In questo progetto tra i soggetti coinvolti c’è l’azienda di ortofrutta veronese Bruno di Oppeano. “Siamo interessati all’agricoltura di precisione legata ai processi produttivi – spiega Giovanni Bruno -. Acqua, luce e temperature sono fondamentali nella coltivazione e perciò è necessario conoscere con precisione il grado di umidità del terreno e dello stato idrico delle piante. Disporre di sensori per la misurazione di questi valori consentirebbe non solo un risparmio energetico e idrico, ma anche una migliore qualità del prodotto”.
Conclude Luigi Bassani, direttore di Confagricoltura Verona, che ha seguito il progetto dall’inizio: “La Regione Veneto, finanziando queste reti, compie un importante investimento sul futuro sviluppo della nostra Regione. Sostenibilità, ambiente, ottimizzazione dell’impiego delle risorse sono perfettamente in linea con gli indirizzi europei di Next Generation Ue. In tal senso una parte del cosiddetto Recovery Plan dovrebbe essere destinata alle Regioni proprio per investimenti nel futuro, con lo sviluppo di queste reti innovative”.