ROMA – L’Annuario dell’agricoltura italiana 2019-2020 del CREA, da 73 anni consolida le tendenze del sistema agroalimentare italiano (leggi la sintesi).
L’Annuario è la fonte più autorevole e completa per comprendere lo stato del settore in Italia. Nella sua complessità e ricchezza di dati decision makers e studiosi possono trovare le tendenze di medio e lungo periodo per fondare al meglio le proprie analisi.
Quest’anno l’Annuario si presenta in una prospettiva biennale per meglio cogliere le dinamiche derivanti dall’emergenza Covid-19.
Come ha risposto il sistema agro-alimentare italiano all’emergenza
Il Sistema agroalimentare italiano si è dimostrato nel biennio 2019-2020 uno dei cardini dell’economia nazionale. È un Sistema che vale oltre 522 miliardi di euro in tutte le sue componenti – agricoltura, agroindustria, servizi legati al cibo -, pari ad oltre il 15% del PIL italiano.
La capacità di reazione del Sistema – produttori, logistica, pubblica amministrazione – si è dimostrata adeguata alla gravità della crisi. È questo il quadro generale che emerge dall’analisi.
Agricoltura e industria alimentare risultano tra i settori più resilienti di fronte alla crisi in corso rispetto alla media generale dell’economia (stime ISTAT). Nel complesso, entrambe le componenti hanno mostrato nel corso degli anni recenti dinamiche interne di grande interesse e segnali di sviluppo promettenti.
Se è vero che del valore aggiunto di agricoltura e industria alimentare supera il 4% del PIL nazionale, includendo i settori a valle – commercio all’ingrosso e al dettaglio, ristorazione – si raggiunge, come detto, nel complesso una incidenza pari al 15% sul totale dell’economia nazionale, come media degli ultimi anni.
Agricoltura e industria alimentare inoltre sono gli elementi cardine della bio-economia italiana, rappresentando una quota congiunta sul valore di questo settore pari al 64%.
La bio-economia, che comprende tutti i comparti produttivi che impiegano risorse rinnovabili biologiche di terra e di mare – colture, foreste, pesci, animali, micro-organismi, così come residui biologici e rifiuti – si conferma in ulteriore crescita (+1,3%), con un fatturato di oltre 324 miliardi di euro (stima CREA) e costituendo ormai uno degli elementi di forza dell’economia italiana.
L’agricoltura italiana conferma la sua leadership europea: nonostante la limitata superficie – circa la metà di quella spagnola e francese – è la prima agricoltura d’Europa per valore aggiunto e la terza per produzione lorda vendibile.
L’Italia si conferma primo produttore mondiale di vino in volume e primo produttore europeo in valore nella produzione di ortaggi, superandola Spagna. E ciò nonostante il fatto che gli andamenti produttivi siano stati profondamente condizionati dalle condizioni meteorologiche: nel solo periodo maggio-luglio 2019 si sono registrati 533 eventi estremi sul territorio nazionale, tra cui 26 tornado, 49 piogge violente, 278 grandinate e 180 episodi di forte vento.
La vulnerabilità del settore agricolo collegata alla crisi climatica globale è dunque ancora rilevante.
L’industria alimentare nazionale ha vissuto un decennio di importante crescita, con il valore aggiunto che è cresciuto di oltre il 12%, un valore quasi doppio rispetto a quello del manifatturiero. L’occupazione è aumentata di 1 punto percentuale, con un effetto notevole in termini di miglioramento della produttività del lavoro (cresciuta di oltre il 13%), un dato nettamente migliore rispetto al resto del sistema economico perché ottenuto salvaguardando i livelli occupazionali.
L’analisi decennale dell’indice della produzione industriale conferma la performance dell’industria alimentare: a fronte di una diminuzione generale, l’indice dell’industria alimentare è cresciuto di 8 punti percentuali, con un costante contributo positivo delle esportazioni.
Inoltre, le imprese agroalimentari a controllo nazionale sono cresciute in fatturato più di quelle a controllo estero: +27,4% di fatturato sul 2010 rispetto al +1,2% delle imprese a capitale estero.
Sul fronte dei rapporti commerciali con l’estero, netta è stata la riduzione del deficit della bilancia agro-alimentare italiana, sceso largamente al di sotto di 1 miliardo di euro nel 2019, a fronte dei 5 miliardi del 2015 e degli oltre 9 miliardi del 2011. È un dato straordinario.
Il consolidato della campagna 2019 e i primi dati 2020
Nel 2019 il valore della produzione agricola è stato di 57,3 miliardi di euro, in linea con l’anno precedente.
Oltre il 50% di tale valore si deve alle coltivazioni, mentre gli allevamenti zootecnici pesano per il 29% circa e la restante parte si deve alle attività di supporto e secondarie. In particolare, tra le coltivazioni, patate e ortaggi pesano per il 15% del valore del totale, mentre le legnose contribuiscono per un altro 23%, con un peso dominante dei prodotti vitivinicoli, che da soli spiegano circa l’11%. Il dato nazionale è frutto di andamenti contrastanti tra comparti che, a loro volta, hanno determinato anche il segno delle performance a livello regionale, per via della forte specializzazione territoriale delle produzioni. Tra le Regioni che nel 2019 hanno fatto segnare un arretramento del valore della produzione agricola, le perdite più accentuate sono state sofferte da Trentino-Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia, sulle quali hanno influito soprattutto le performance negative dei prodotti frutticoli e di quelli vitivinicoli. Il Nord-est rimane indiscusso leader nella produzione vitivinicola nazionale.
All’opposto, in alcune delle Regioni in cui si è registrata una crescita del valore della produzione, il risultato è dovuto al buon andamento dell’olivicoltura (Calabria), di patate e ortaggi (Campania) e del florovivaismo (Liguria). Quest’ultimo, tuttavia, è stato tra i comparti agricoli che nell’anno seguente hanno maggiormente risentito degli effetti del lockdown e della crisi innescata dal Covid-19 per via della chiusura dei canali di vendita interni ed internazionali.
L’emergenza Covid-19 ha pesato in misura limitata sulla filiera degli ortaggi e della frutta, e meno di quanto atteso su quella del vino, con effetti differenziati sugli attori riconducibili ai nuovi modelli di consumo e alla chiusura del canale Ho.Re.Ca.. Per l’olio d’oliva le referenze presenti nella GDO hanno goduto dell’aumento dei consumi domestici, mentre è venuta a mancare la domanda del canale Ho.Re.Ca. e quella alimentata dal turismo, soprattutto enogastronomico. Le attività zootecniche, invece, hanno risentito soprattutto dei rallentamenti nelle macellazioni, a causa della necessità di riorganizzare le strutture per ridurre i rischi di contagio tra gli operatori.
In ogni caso straordinaria è stata la risposta dell’intero settore per assicurare ai cittadini di ogni regione italiana, anche in periodo di lockdown, la normale offerta di cibi di qualità.
I dati relativi ai primi 9 mesi del 2020 mostrano, addirittura, un cambio di segno nel saldo, che assume un valore positivo grazie alla crescita tendenziale delle esportazioni (+0,8%) a fronte di un importante calo delle importazioni (-4,4%). In particolare, le esportazioni, dopo una buona performance nei primi tre mesi dell’anno e un calo nei mesi di aprile e, soprattutto, di maggio, hanno visto una ripresa dei flussi, confermata al termine del terzo trimestre 2020.
L’evoluzione recente dell’agricoltura italiana si connota per due principali elementi distintivi: 1) la sempre più evidente dicotomia nel sistema delle imprese agricole italiane, suddivise tra unità che producono per il mercato in modo stabile e prevalente – meno di un terzo, circa il 27% – 2) e unità che invece intrattengono rapporti di mercato saltuari, spesso orientate all’autoconsumo; il progressivo radicarsi e intensificarsi dei processi di diversificazione delle attività produttive.
Il 27% delle imprese più orientate al mercato detiene il 65% della SAU italiana e presenta una superficie media aziendale di oltre 20 ettari, ben superiore alla media nazionale. Questo ristretto numero di imprese, dal punto di vista economico, rappresenta il 75% della produzione standard complessiva dell’agricoltura italiana. La specializzazione produttiva più diffusa di questa tipologia è quella legata alle coltivazioni legnose (36%), seguita dai seminativi (24%).
Le imprese non specificamente orientate al mercato, circa il 66 % del totale sono suddivise in un 36% che mantiene un minimo di legame con il mercato ed un 30% di imprese dedito al solo autoconsumo. Le prime detengono circa il 22% della SAU totale, a cui si somma un ulteriore 6% di SAU appartenente a quelle con valenza solo di tipo familiare/domestica.
Le produzioni di qualità certificata (DOP-IGP) si confermano tra le più dinamiche dell’agro-alimentare italiano, con un valore della produzione che, tra componente alimentare e vinicola, raggiunge i 17 miliardi di euro (in crescita di oltre il 4%), pari ad una fetta stimata equivalente al 19% del totale dell’agro-alimentare italiano. Il comparto dei prodotti con una provenienza geografica, inoltre, appare tra quelli che meglio hanno saputo fronteggiare le difficoltà derivanti dalla pandemia, svolgendo una funzione strategica anche per la tenuta economica e sociale dei territori coinvolti nella loro produzione.
Continua il trend di crescita delle attività connesse all’agricoltura, che ormai pesano per oltre un quinto del valore complessivo della produzione agricola realizzata, con tassi di crescita – nell’ultimo anno, pari rispettivamente a +2,2% e +1,3% -, frequentemente più vivaci rispetto a quelli di molti altri comparti di primo piano per l’agricoltura nazionale.
Tra le attività connesse, il contoterzismo prosegue nel suo consolidamento (+1,7% in valore), avendo negli ultimi anni fortemente ampliato non tanto il numero delle aziende coinvolte, quanto piuttosto la numerosità delle funzioni svolte, determinando al contempo un effetto positivo in termini di maggiore diffusione di innovazioni tecnologiche, di ricorso alle pratiche dell’agricoltura 4.0, di facilitazioni nel rispetto di alcune prescrizioni ambientali, di riduzione del digital divide.
Continua la crescita dell’agriturismo (+3,3% in valore e +4,1% di aziende nel solo 2019) pur se nel 2020 ha subìto un duro colpo per gli effetti delle restrizioni alla mobilità e alla socialità delle persone, conseguenti alla pandemia.
Da segnalare anche il rafforzamento della vendita diretta. Nelle fasce peri-urbane ben il 21% del totale delle aziende agricole utilizza questo canale di vendita. Nell’ultimo anno, anche grazie ai mutamenti nelle preferenze di acquisto legate alla pandemia e al potenziamento delle consegne a domicilio, le aziende che utilizzano questa forma di vendita hanno registrato un aumento significativo della produzione aziendale collocata tramite questo canale (82%, contro il 73% del 2019), così che, per tali aziende, questa modalità di distribuzione è diventata la terza in ordine di importanza, dopo il conferimento a cooperative, consorzi e OP e la vendita a grossisti e intermediari commerciali.
IL sostegno pubblico al settore agricolo nazionale rimane rilevante – circa 11,9 miliardi di euro nel 2019 (fonte CREA) -, ma in calo rispetto agli anni precedenti. Dal 2015 al 2019, la riduzione del sostegno pubblico è stata di oltre 1,3 miliardi di euro (-10%), quasi totalmente derivante da minori agevolazioni nazionali.
Nel corso dell’emergenza Covid-19 numerose sono state le misure in favore del settore agroalimentare varate per fronteggiare la crisi e l’Annuario CREA le descrive puntualmente, tanto a livello nazionale, quanto in ambito UE. I due decreti “Cura Italia” e “Rilancio” sono stati indirizzati soprattutto a iniettare liquidità alle imprese agricole e a tutelare il lavoro in agricoltura, con interventi che hanno spaziato dall’innalzamento al 70% della percentuale di anticipo sui contributi PAC, all’istituzione di numerosi Fondi speciali per la copertura di interessi su finanziamenti bancari e sui mutui contratti, per la possibilità riconosciuta alle imprese agricole di avvalersi degli interventi di garanzia per le PMI, per le filiere in crisi e per alleviare l’emergenza alimentare e fornire sollievo agli indigenti.
Sul fronte UE, da un lato vi sono ste misure di natura procedurale tese a rendere più flessibile il funzionamento dei Piani di sviluppo rurale 2014-2020, inserendo nei PSR una specifica misura per il contrasto all’emergenza (Misura 21); dall’altro, nell’ambito del Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027, è stata rafforzata la dotazione finanziaria, portata ad un valore di 1.074,3 miliardi di euro (prezzi 2018) ed è stato costituito uno strumento europeo di emergenza per la ripresa (Next Generation EU) del valore di 750 miliardi.
Le tendenze
L’emergenza Covid-19 rende complesso disegnare scenari, ma alcune tendenze possono essere identificate.
Guardando alla domanda di prodotti agro-alimentari sul mercato interno, si consolidano importanti modifiche nei comportamenti di acquisto e di consumo degli italiani che hanno avuto effetti principalmente sui prodotti deperibili, su quelli destinati alla ristorazione (vini di pregio) e ai bar e pasticcerie (ortofrutta e grassi), su quelli con forte connotazione territoriale destinati al turismo, modificando la composizione del paniere di acquisto.
L’l’incremento delle richieste di food delivery è ormai strutturale: secondo la FIPE gli esercizi di ristorazione che si sono attrezzati per offrire il servizio sono triplicati in pochi mesi.
L’e-commerce alimentare ha raggiunto livelli di crescita esponenziali su base annua, stimati per la GDO pari a circa +40%, che portano l’incidenza di questa modalità di vendita all’1% del totale alimentare.
Sul fronte dei consumi, un’Indagine condotta dall’Osservatorio CREA sulle eccedenze, sui recuperi e sugli sprechi alimentari evidenzia che la quarantena ha parzialmente modificato anche le abitudini alimentari della popolazione italiana.
Viene dedicato maggior tempo alla cucina, ma i consumi non vanno necessariamente nella direzione di favorire la Dieta Mediterranea: il 60% degli intervistati presenta un basso valore dell’indice di mediterraneità delle scelte alimentari, anche se alcuni dati sono interessanti. A fronte dell’aumento del consumo di comfort food, in particolare per quanto riguarda i dolci, si è constatato anche un aumento del consumo di frutta, verdura e soprattutto legumi.
L’Annuario dedica un’analisi specifica agli sprechi alimentari, indagando sulla gestione degli avanzi di cibo: una larga maggioranza del campione esaminato (83%) si è dichiarata attenta e capace in merito alla capacità di gestione, conservazione e consumo degli alimenti acquistati in eccesso.
Ben tre capitoli monografici completano questa edizione dell’Annuario, insieme ai numerosi Focus di approfondimento dedicati agli effetti della pandemia da Covid-19 contenuti nel Volume, mettendo in evidenza come produzione e distribuzione del cibo siano stati elementi centrali nel garantire la sicurezza sociale ed economica dell’Italia durante la pandemia.
Sul fronte delle politiche europee, infine, l’Annuario descrive gli scenari 2021-2027 alla luce dell’emergenza e dell’attivazione del Recovery Fund, senza dimenticare che, nel quadro della politica agricola comune, l’Accordo sul Quadro Finanziario Pluriennale prevede, a prezzi 2018, un taglio del 16% della PAC rispetto alla dotazione attuale, dovuto ad un calo più netto sul I pilastro (-18%), rispetto al II pilastro (-10,5%), taglio derivante in gran parte dalla Brexit. Con la pandemia da Covid-19 la situazione di criticità si è poi ulteriormente acutizzata; risposte parziali potranno provenire da un uso mirato del Recovery Fund, che opererà con politiche non direttamente agricole, ma di cui il settore potrà comunque usufruire.