ROMA – Le chiusure di gennaio sono costate 5 miliardi di euro ai ristoratori italiani con la stop alla grande maggioranza di bar, ristoranti, pizzerie e agriturismi per l’inserimento nelle diverse ordinanze in zone rosse e arancioni dove è proibita qualsiasi attività al tavolo, con un drammatico impatto su economia ed occupazione.
E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti in riferimento al nuovo monitoraggio dei contagi sulla base del quale diverse regioni potrebbero tornare in zona gialla con l’attesa riapertura dei locali.
Lo stop and go delle ordinanze per le aperture e le limitazioni presenti in molti casi creano ostacoli alla programmazione delle attività che spesso non sono considerate neanche sufficienti a dare sostenibilità economica ed a giustificare le aperture anche con chiusure definitive. Nelle zone gialle – precisa la Coldiretti – le attività di ristorazione al tavolo sono consentite solo dalle ore 5,00 alle 18,00 con la possibilità della consegna a domicilio, nonché fino alle ore 22 della ristorazione con asporto, mentre per i bar lo stop alla possibilità di asporto è anticipato alle ore 18. Nelle zone rosse e arancioni – ricorda la Coldiretti – è invece consentita la sola consegna a domicilio, nonché fino alle ore 22 la ristorazione con asporto e alle ore 18 per i bar.
Con i ritardi nei vaccini si rischia di dare il colpo di grazia ai consumi alimentari degli italiani fuori casa che lo scorso anno erano già scese al minimo da almeno un decennio con un crack senza precedenti per la ristorazione che dimezza il fatturato (-48%) per una perdita complessiva di quasi 41 miliardi di euro, secondo le stime Coldiretti su dati Ismea.
Gli effetti della chiusura di bar, ristoranti, pizzerie e agriturismi si fanno sentire a cascata sull’intera filiera agroalimentare con disdette di ordini per le forniture di molti prodotti agroalimentari, dal vino all’olio, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco. In alcuni settori come quello ittico e vitivinicolo la ristorazione – precisa la Coldiretti – rappresenta addirittura il principale canale di commercializzazione per fatturato.
Le limitazioni alle attività di impresa – evidenzia la Coldiretti – devono dunque prevedere un adeguato e immediato sostegno economico lungo tutta la filiera per salvare l’economia e l’occupazione. Le difficoltà della ristorazione – continua la Coldiretti –si trasferiscono infatti sulle 70mila industrie alimentari e 740mila aziende agricole lungo la filiera impegnate a garantire le forniture per un totale di 3,6 milioni di posti di lavoro.
Si tratta di difendere la prima ricchezza del Paese con la filiera agroalimentare nazionale che vale 538 miliardi pari al 25% del Pil nazionale ma è anche una realtà da primato per qualità, sicurezza e varietà a livello internazionale. Occorre salvaguardare – conclude la Coldiretti – un settore chiave per la sicurezza e la sovranità alimentare soprattutto in un momento in cui con l’emergenza Covid il cibo ha dimostrato tutto il suo valore strategico per il Paese.