ROMA – Lungo la Penisola sono 180 le aree naturalistiche, cogestite dai Consorzi di bonifica per una superficie complessiva di 200.000 ettari, pari a 4 volte il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.
Si va dai boschi planiziali lombardi alle lagune interne della Sardegna, dai laghi laziali dell’Agro Pontino alle aree di espansione delle piene in Emilia Romagna.
A diffondere il dato è l’ANBI (Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue) in occasione della Giornata Mondiale delle Aree Umide, che cade il 2 Febbraio; slogan 2021: “Acqua, zone umide e vita”.
Per zone umide si intendono aree inondate d’acqua in modo permanente o stagionale; vi si includono paludi, stagni, laghi, fiumi, pianure alluvionali. A questi biotopi se ne aggiungono altri artificiali, perlopiù creati e idraulicamente gestiti in Italia dai Consorzi di bonifica: dalle risaie ai bacini per la fitodepurazione, dalle oasi naturalistiche alle casse di espansione.
“La nuova cultura ingegneristica, capace di abbinare esigenze idrauliche ed ambientali, trova nei Consorzi di bonifica, esempi d’eccellenza internazionale – commenta Francesco Vincenzi, Presidente di ANBI – Basti ricordare che attigua al lago di Massaciuccoli, in Toscana, sta nascendo la più grande area di fitodepurazione europea e che la rinaturalizzazione del bacino scolante nella laguna di Venezia è considerato un esempio a livello mondiale.”
Il World Wetlands Day celebra quest’anno il 50° anniversario della Convenzione di Ramsar, trattato intergovernativo, che fornisce il quadro nazionale ed internazionale per la conservazione e l’uso delle zone umide. I Paesi firmatari sono attualmente 171 e sono 56 le aree di importanza internazionale riconosciute in Italia (sono 13 quelle, che vedono coinvolti i Consorzi di bonifica).
“E’ un patrimonio, che possiamo implementare grazie anche al Piano Nazionale Invasi, per cui abbiamo pronti 218 progetti nella maggior parte già cantierabili; l’importo necessario è di circa 3 miliardi di euro – ricorda, concludendo, Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – Si tratta perlopiù di bacini medio-piccoli che oltre a trattenere le acque di pioggia, abbinando le funzioni di prevenzione idrogeologica e riserva idrica, arricchirebbero il territorio di nuovi ecosistemi fruibili dalle comunità locali. Il maggior numero di proposte (73) interessa il Veneto, ma è la Calabria, la regione, che abbisogna di maggiori investimenti (527 milioni).”