ROMA – La Cina sembra porre ostacoli alla promozione dei prodotti DOP IGP, mettendo così a rischio l’attività di promozione da parte dei Consorzi di Tutela italiani, con conseguenti aumenti dei costi.
E’ forte la preoccupazione dei Consorzi che svolgono attività di promozione delle Indicazioni Geografiche in Cina.
A sottolinearlo è Origin Italia – l’Associazione Italiana Consorzi Indicazioni Geografiche -, in seguito ad alcune segnalazioni di Consorzi associati, di una recente richiesta che sembra essere stata avanzata dalle autorità cinesi – in virtù di una legge del 2017 nei confronti delle organizzazioni noprofit, tra le quali figurerebbero anche i Consorzi di Tutela -, di dotarsi di un rappresentante legale nella Repubblica Popolare Cinese per poter svolgere le normali attività, ovvero, per i Consorzi di Tutela, l’attività di promozione.
Origin Italia – dopo aver già contattato Mipaaf e Agenzia ICE – si è immediatamente attivata scrivendo al Ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli e al Ministro degli Affari esteri Luigi Di Maio, per ottenere con urgenza un chiarimento ed informazioni sulla modifica della disciplina dei Consorzi di Tutela delle Indicazioni Geografiche nella Repubblica Popolare Cinese.
«Se dovesse essere confermato questo cambiamento di disciplina – sottolinea il presidente Origin Italia, Cesare Baldrighi -, i Consorzi di Tutela rischierebbero di subire una interruzione repentina delle attività promozionali in territorio cinese, con gravi ripercussioni in termini di visibilità del Made in Italy ed esacerbando una situazione già critica a causa dei gravi danni riconducibili alla pandemia da Covid-19, che hanno colpito principalmente le attività promozionali dei Consorzi come fiere ed esposizioni, essenziali per la crescita e la tutela delle Indicazioni Geografiche».
Una novità che sarebbe in netto contrasto con la recente entrata in vigore (1 marzo 2021) dell’Accordo stipulato tra l’Unione Europea e la Repubblica Popolare Cinese sulla cooperazione e la protezione dall’imitazione e dall’uso improprio della denominazione di 200 Indicazioni Geografiche europee e cinesi.
«Tale decisione – precisa Baldrighi -, oltre ad oberare i Consorzi di ulteriori incombenze e costi da sostenere ancora non chiari, potrebbe anche ledere l’autonomia delle iniziative consortili operanti in territorio cinese, allungarne le tempistiche e creare un vuoto nella tutela e nella promozione delle Indicazioni Geografiche».
A questo punto, quindi, i Consorzi italiani attendono chiarimenti da parte del Governo e di sapere quali misure vorrà mettere in atto.