PADOVA – Dopo Deborah Piovan, un altro veneto viene eletto ai vertici di Confagricoltura. Simone Menesello, 49 anni, padovano, in passato vicepresidente di Confagricoltura Veneto, è il nuovo presidente della sezione nazionale avicola di Confagricoltura.
Informatico industriale, vent’anni fa ha preso in mano l’azienda di famiglia, a Lozzo Atestino, applicando la tecnologia e l’automazione al suo allevamento che oggi conta 800.000 galline ovaiole. Innovazione, sostenibilità e regole uguali per tutti sono le parole chiave del suo mandato.
“Il settore avicolo italiano è un settore strategico nell’agricoltura italiana – sottolinea Menesello -. Carni bianche e uova sono stati tra i prodotti più consumati durante il lockdown. Nell’ultimo anno non solo il pollo, ma anche il tacchino e il coniglio hanno conquistato i favori dei consumatori italiani, tant’è che rappresentano il 35% dei consumi di carne a tavola. Anche le uova sono state tra i prodotti più apprezzati e l’Italia è il quarto produttore europeo con una produzione stimata di 796.000 tonnellate. Il settore avicunicolo a livello nazionale conta oltre 18.000 allevamenti, di cui un terzo professionali, con l’impiego di circa 38.000 addetti, per una produzione di carni bianche pari a 1,3 tonnellate annue. E per produzione di carne di coniglio siamo sempre i primi al mondo. La sfida che ci chiede il mercato è di produrre con qualità sempre maggiore cercando di contenere i costi. Ma competere con mercati esteri che offrono prodotti a minor prezzo sarà difficile se non si dà sostegno al settore, che è uno dei pochi a non avere alcun tipo di contributo nonostante gli investimenti compiuto per adeguare gli allevamenti alle norme del benessere animale siano stati enormi. Crediamo nella sostenibilità, ma deve essere anche economica. E deve passare non solo da regole omogenee tra i diversi Stati, ma anche da strumenti idonei, com’erano i voucher, per i lavori di breve durata che caratterizzano la nostra attività e che oggi ci obbligano a rivolgerci alle cooperative”.
Gli allevamenti italiani oggi seguono gli orientamenti dei consumatori, che chiedono prodotti salubri e certificati. “L’etichettatura e la tracciabilità sono stati traguardi importanti, che stanno aiutando anche i consumi – sottolinea Menesello -. Le strutture si stanno sempre di più adeguando agli standard della sostenibilità, basti pensare che, secondo i dati dell’Anagrafe Nazionale, il 49% dei capi in deposizione è allevato a terra, il 42% in allevamenti con gabbie arricchite, il 4% in allevamenti all’aperto e il 5% in allevamenti biologici. Quella del biologico è una sfida che dobbiamo cogliere, ma c’è bisogno di maggiore sinergia con i grandi gruppi industriali per raggiungere gli obiettivi futuri. Bisogna anche migliorare la comunicazione con il consumatore affinché sappia che la realtà è molto diversa da quella mostrata da alcuni blitz animalisti. La nostra è una delle filiere più controllate che ci siano, con sistemi digitali che comandano la distribuzione razionata degli alimenti, sensori che controllano la temperatura e le situazioni anomale. Il risultato è una riduzione dello stress e delle patologie per gli animali, sottoposti a severe norme igieniche. Con la zootecnia di precisione 4.0 possiamo puntare a ridurre gli sprechi e a utilizzare meglio le risorse”.
Il Veneto è la prima regione italiana con il 41 per cento della produzione nazionale di carni bianche e il 14 per cento delle imprese, seguita da Lombardia ed Emilia Romagna.